Intervista con Anna Marson.

unnamedDopo l’adozione del Piano paesaggistico e l’approvazione da parte del Consiglio regionale dell’integrazione al Pit per il Parco agricolo della Piana e l’adeguamento dell’aeroporto di Peretola – due tasselli fondamentali delle politiche per il governo del territorio – il Tirreno, a firma Mario Lancisi, ha intervistato l’assessore Anna Marson. Ne è uscito un bilancio “pungente” di quanto fatto dal 2010 e di quanto resta da fare. Con qualche sassolino tirato fuori dalle scarpe.
Qui sotto l’intervista:
FIRENZE – Per molti è il fiore all’occhiello della giunta regionale di Enrico Rossi, per altri la sua spina. Lei, Anna Marson, l’assessora anti-cemento, 57 anni, veneta ma da 14 anni trapiantata in Toscana, non si scompone e dopo l’approvazione del Pit ha accettato di raccontare al Tirreno i suoi progetti per il futuro e anche le amarezze per le critiche ricevute.
Partiamo dal Pit, appena approvato. C’è il rischio che la pista di Peretola in sede di VIA (Valutazione di impatto ambinetale, ndr) nazionale da 2mila venga aumentata a 2400 metri?
«Le forze in campo potrebbero, come avviene purtroppo spesso nel nostro Paese, cambiare le regole del gioco a partita già iniziata. Sarebbe un grave strappo nei rapporti tra Stato e Regione per quanto riguarda le competenze concorrenti in materia di governo del territorio. Anche se purtroppo siamo in un tempo dai tanti strappi».
La vendita delle quote pubbliche da parte della Regione ha indebolito il Pit?
«Se almeno per quanto riguarda la società aereoportuale di Pisa i soci a maggioranza fossero rimasti pubblici il rispetto del Pit sarebbe stato maggiormente garantito».
Si torna a parlare anche dei terreni dell’ex Fondiaria. Il Pit cosa prevede?
«Che gli 80 ettari di parco pubblico previsti nel piano di Castello siano confermati e messi in connessione con gli oltre 7mila ettari di aree agricole e ambientali del parco agricolo della piana. Queste aree nel loro insieme, collocate all’interno della principale area insediativa della Toscana, costituiscono una straordinaria occasione per qualificare le molte periferie che oggi vi si affacciano».
Sì, ma Della Valle potrà farci la Cittadella viola, per capirci? 
«Gli 80 ettari dove qualcuno aveva ipotizzato di farla sorgere restano destinati a Parco. Anche le cosiddette funzioni accessorie di cui oggi si parla o vanno a sostituire altri volumi già previsti dal piano o lì è impossibile».
Come ha trovato la Toscana quando è diventata assessore. 
«Una Toscana ancora bella, con paesaggi tuttora straordinari e con un senso dell’azione collettiva ancora abbastanza radicato. Ma anche con molte edificazioni contemporanee di bassa qualità e avulse dal contesto che hanno contribuito a offuscare l’immagine che questo territorio ha e il credito sul buon governo di cui tuttora gode».
A parte il Pit, le altre realizzazioni?
«Innanzitutto il recupero di qualità tecnica e di trasparenza rispetto alla discrezionalità politica».
A cosa si riferisce in concreto?
«Alla capacità della Regione di assicurare correttezza e qualità tecnica della pianificazione territoriale anche locale»
Cosa resta ancora da fare? 
«Entro la fine della legislatura realizzeremo la riforma della Legge di governo del territorio e approveremo il Piano paesaggistico regionale, mobilitando le Università toscane. Un piano che rende disponibili a tutti le chiavi di lettura della ricchezza dei molteplici paesaggi toscani quali risorse fondamentali per un nuovo modello di sviluppo durevole».
Che cosa l’ha ferita in questi anni?
«Ho purtroppo toccato con mano più volte il potere di chi si coalizza per l’impiego di finanziamenti pubblici e delle altre leve dell’azione pubblica a favore di interessi più o meno particolari, anziché generali, così come la difficoltà di azioni regolatrici nei confronti di chi sfrutta indebitamente i beni comuni».
A quali lobbies si riferisce?
«Lobbies composite che perseguono idee di sviluppo arretrate. Non mi sarei aspettata che questi interessi si traducessero in campagne denigratorie con attacchi anche personali nei miei confronti, a fronte di azioni sempre condivise dal governo regionale».
Esempi? 
«Dai fautori di un grande aeroporto a Firenze “senza se e senza ma” agli attacchi delle imprese di cava con pagine di giornali comprate in cui sono stata attaccata con nome e cognome. Attacchi odiosi che in altre regioni mi avrebbero costretto a girare con le guardie del corpo. Qui spero non ancora».
Altri attacchi che l’hanno più ferita?
«Mi anche turbato il silenzio della televisione pubblica sulle politiche del mio assessorato, politiche peraltro di interesse rilevante per tutti i cittadini, ancor più a fronte degli ampi spazi comunicativi concessi ad altri assessori regionali su questioni di assai minor interesse pubblico. Il Tg3 regionale ha deciso di oscurarmi».
L’accusano di ideologismo ambientale.
«Di sicuro qualcuno avrebbe preferito avessi svolto il mio ruolo in modo più ornamentale, comunicando che tutto andava per il meglio senza preoccuparmi troppo di cambiare lo stato delle cose».
Nomi?
«Non si tratta di persone, ma della amara constatazione, nella mia esperienza di questi anni, che molte scelte politiche si formano e consolidano in luoghi, tempi e modalità extraistituzionali».
Nel 2015 che farà?
«Mi piacerebbe continuare il lavoro iniziato in Regione, ma solo a condizioni di poter portare avanti azioni significative per il buon governo del territorio regionale».

Piano paesaggistico adottato:

icarusRegione Toscana bifronte.

di PAOLO BALDESCHI, su Eddyburg, 20 Luglio 2014.

Dopo due anni di gestazione e di lavoro congiunto tra il Centro interateneo di studi territoriali (Università) e il Settore tutela, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio (Regione), la Toscana ha adottato il nuovo Pit con valenza di Piano paesaggistico. Anche se la delibera parla di “integrazione” del piano precedente, adottato nel 2007 e mai approvato, si tratta di un progetto del tutto diverso, sia nella filosofia, sia nell’architettura, sia nei contenuti. Chi fosse interessato può leggerne i documenti nell’apposito sito della Regione; qui è sufficiente sottolineare che nel piano acquista centralità lo Statuto del territorio che detta le regole di tutela e riproduzione delle “invarianti strutturali”, declinate come “i caratteri idro-geo-morfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici”; “i caratteri ecosistemici dei paesaggi”; “il carattere policentrico dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali”; “i caratteri morfotipologici dei sistemi agro-ambientali dei paesaggi rurali”. Lo Statuto è distinto dalla Strategia del piano (nello strumento precedente le due cose si mescolavano in modo confuso). Poiché stabilisce le regole che assicurano la tutela e la riproduzione del patrimonio territoriale e non obiettivi contingenti, lo Statuto non ha scadenze temporali implicite e assume il valore di una Carta costituzionale cui devono conformarsi gli strumenti urbanistici e i piani di settore. Quattro abachi di “morfotipi”- uno per invariante – definiscono per ciascun morfotipo, valori, criticità, obiettivi di qualità. Completano il Piano, le “schede d’ambito” e una cartografia originale che ha avuto un prestigioso riconoscimento internazionale. Né può essere sottovalutato l’enorme lavoro svolto dai funzionari regionali per la “vestizione” dei vincoli paesaggistici, senza il quale il Mibact non avrebbe dato via libera al Piano. Un buon piano, dunque, ma che manca del pilastro fondamentale della nuova legge di governo del territorio, tuttora in gestazione. Piano paesaggistico e legge sono reciprocamente complementari e necessari: senza la legge il Piano è disarmato, se non per la parte vincolistica. Ma anche con la legge approvata, il Piano per forza di cose agirebbe soltanto nella sfera regolativa; gli aspetti propositivi richiedono, infatti, una strumentazione che il Piano non dispone. Per fare un esempio, tutti gli obiettivi di qualità che interessano il mondo agricolo sono tradotti in direttive di tipo promozionale. Non dicono alle imprese agricole “devi mantenere” (terrazzamenti, diversificazione colturale, maglia agraria, ecc.), ma propongono in questo senso politiche di incentivazione che, tuttavia sono messe in opera (o potrebbero) solo dal nuovo Programma di sviluppo rurale. Piano Paesaggistico e Programma di sviluppo rurale, due strumenti che dovrebbero giocare in stretto accordo e che finora sono stati autonomi se non addirittura orientati in senso opposto. Lo stesso vale per i cosiddetti “progetti di paesaggio”, contemplati dal Codice, ma privi di mezzi finanziari specifici. In una parola, l’assessorato all’Urbanistica, guidato con coraggio e competenza da Anna Marson, appare isolato se non addirittura osteggiato dagli altri centri di potere assessorili. Vi è, tuttavia, una questione ancora più fondamentale che è stata messa in luce dalla “battaglia sulle Apuane” di cui è stato già scritto su eddyburg e ancor più dalla paradigmatica vicenda dell’aeroporto fiorentino. Su quest’ultimo punto il Piano paesaggistico è completamente afasico, né poteva essere altrimenti dato che la questione, come tutte le grandi opere infrastrutturali (sottoattraversamento di Firenze da parte della Tav, autostrada tirrenica, variante di valico. ecc.), è sottratta alla pianificazione normale, sia dalla Legge Obiettivo, sia da una precisa volontà politica che in proposito assegna al Piano paesaggistico tutt’al più compiti di mitigazione e compensazione. Subito dopo l’adozione del Piano il consiglio regionale ha, infatti, approvato una variante al Pit che prevede una nuova pista aeroportuale parallela all’autostrada, una “lancia” di 2000 metri (che probabilmente diventeranno 2400, più gli spazi di manovra), conficcata nel costituendo Parco della Piana, distruggendo o compromettendo spazi agricoli, zone umide ed ecosistemi. Il Piano paesaggistico – dopo il gioco al ribasso sulle attività di escavazione nelle Apuane – è stato adottato con i voti della maggioranza e l’astensione di Forza Italia e la Variante aeroportuale del Pit approvata con i voti decisivi dell’opposizione. Regione Toscana bifronte: innovativa nel piano paesaggistico, purché non tocchi gli interessi consolidatisi in scelte sbagliate e in buona parte obsolete, ma che implicano tanto flusso di denaro per alimentare banche, imprese e nomenclatura di potere; e poco male se pochissima vera occupazione. Una strategia ancora basata sulle infrastrutture pesanti, ideologizzate come strumenti di modernizzazione e non sulla cura capillare e amorevole del territorio. Regione Toscana che non ha la forza politica di proporsi come modello alternativo di uno sviluppo durevole e sostenibile; che da un lato adotta un Piano paesaggistico coraggioso (ammesso che non sia stravolto dalle osservazioni dei numerosi cecchini interni ed esterni) e allo stesso tempo lo vanifica in alcune essenziali decisioni strategiche. Con il premierato Renzi-Berlusconi e l’aria che tira nel paese c’è da temere che prevarrà la seconda strada.