Rassegna Stampa

Febbraio 2014

DOSSIER APUANE

 DOSSIER AEROPORTO

 

 

Una Occasione per la Val D’Orcia:

images (1)Il Parco Agricolo. 

La Regione Toscana ha in corso di approvazione il Piano Paesaggistico: Piano che intende indicare alcuni obbiettivi di riqualificazione o di mantenimento del paesaggio agrario,  da raggiungere in sinergia con gli Enti locali.

Nel corso della redazione del Piano Paesaggistico, da Parte del Comitato per la Val d’Orcia, è   avanzata l’ipotesi di caratterizzare la Valle come Parco Agricolo. L’attuale  Parco Artistico Naturale e Culturale della Val d’Orcia, protetto dall’Unesco, è di fatto una ANPIL (Area Naturale Protetta di Interesse Locale). L’ ANPIL  è  uno strumento di tutela del territorio fragilissimo per un’area di 60.000 ettari, in cui non sono obbligatori neanche Regolamento e Piano. Sulla base delle esperienze in atto nel nostro Paese ci siamo riferiti in particolare al Parco Agricolo Sud di Milano,  attivo dal 1991, che nel 2009 vedeva la partecipazione, oltre della Regione Lombardia e della Provincia di Milano, di 61 Comuni e di 65 aziende multifunzionali.  

Cosa è un Parco Agricolo ?

Un Parco Agricolo, a differenza dei Parchi, nazionali o regionali, delle Riserve naturali e delle Aree naturali protette di interesse locale (ANPIL) non è un ente che nasce dall’alto con organi e strutture definite. In teoria, potrebbe non avere alcune sponda istituzionale, costituendosi come pura associazione di aziende agricole e imprese collegate all’agricoltura, anche se è preferibile che il Parco agricolo sia soggetto di una governance condivisa fra enti pubblici e imprese private.

  • Gli obiettivi e le attività di un Parco agricolo. Un Parco agricolo si propone tre tipi di obiettivi. Il primo riguarda la qualità dell’ambiente e del paesaggio nel territorio interessato. Il secondo riguarda la qualificazione e l’integrazione delle attività economiche che si svolgono nel parco: l’esempio più noto è la filiera produttiva-agrituristica da cui possono diramarsi una serie di attività che coinvolgono anche soggetti  extra-agricoli. Il terzo tipo di finalità riguarda gli abitanti urbani che nel Parco agricolo trovano una pluralità di offerte: dall’acquisto di cibi sani e genuini e a filiera corta, alla partecipazione ad attività organizzate, come visite a ‘fattorie didattiche’ e a laboratori di produzioni alimentari e artigianali tipiche
  • Perché un Parco Agricolo. Il Parco agricolo è un obiettivo fondamentale, ma anche, e forse più di tutto, è importante il processo che porta alla formazione del Parco, a partire dalla costruzione di consenso e di una partecipazione attiva dei soggetti potenzialmente interessati. Vantaggi competitivi, come quelli di cui attualmente gode la Val d’Orcia, possono essere rapidamente annullati da competitori emergenti in grado di proporre un’offerta più innovativa e articolata. Ogni rendita di posizione è destinata a esaurirsi rapidamente. Progettare un Parco agricolo significa guardare in avanti; realizzarlo significa essere in un futuro di sostenibilità e di cura del patrimonio territoriale.
  • Gli attori. Il nucleo propositivo e gestionale di un Parco agricolo deve essere costituito da un gruppo di imprese, enti, istituzioni, soggetti individuali, che traggono vantaggi (economici, ma anche ambientali, paesaggistici, culturali, estetici) dalla realizzazione e funzionamento del parco. In un Parco agricolo, il gruppo fondamentale degli stakeholders (portatori d’interesse) è formato dalle aziende agricole – meglio se multifunzionali – da cui può partire una filiera produttiva e gestionale che coinvolga altri soggetti.
  • Il coordinamento con piani e programmi regionali. Il parco agricolo facilita il coordinamento fra aziende agricole che possono così meglio utilizzare le occasioni offerte dal Programma di sviluppo rurale e dalla PAC. Una prima iniziativa può essere di attivare all’interno del Programma di sviluppo rurale (PSR) 2013-2018 della Toscana un Progetto territoriale integrato. I progetti integrati territoriali comprendono aziende presenti nello stesso territorio, ‘integrano’ qualità dei prodotti con sviluppo di servizi e sono particolarmente utili nella promozione e nello sviluppo dell’agricoltura biologica. I progetti integrati territoriali e i progetti di filiera hanno una riserva privilegiata nell’assegnazione dei finanziamenti del PSR. Un’occasione (particolarmente importante in Val d’Orcia, dove vi è una assoluta preponderanza di seminativi e una debole infrastrutturazione ecologica) è la nuova PAC 2014-2020 che prevede che il 30% dei sostegni agli agricoltori sia condizionato al cosiddetto greening. L’occasione è di contribuire con le aree a greening alla formazione di una rete ecologica in Val d’Orcia, seguendo gli indirizzi del nuovo Piano paesaggistico della Regione toscana prossimo all’adozione.

 

Le emergenze presenti nel territorio e nella sua amministrazione

  • Alla luce di quanto sin qui descritto, nella formulazione del Piano Agricolo possono trovare una riposta  i  problemi specifici che angustiano gli agricoltori e gli operatori economici della Val D’Orcia..
  • semplificazione delle procedure amministrative ora diffuse tra Amministrazioni Locali, Comunità montana, Sovrintendenze,  necessarie per iniziare una attività economica o per interventi sull’esistente
  • tutela del paesaggio agricolo: cura  dei  sentieri e dellle strade bianche , tutela dei siti storici quali la Via Francigena con rispetto dei tracciati originari, ripristino delle cave dismesse, riconversione degli stabilimenti industriali abbandonati quali gli stabilimenti Crocchi a Torrenieri, la fornace di Pienza, il ripristino dei manufatti storici crollati  come il Ponte sul fiume Orcia, il ponte (medievale?) che collega il versante amiatino a Pienza, la demolizione della diga di San Piero.
  • Pievi. Ce ne sono sparse su tutto il territorio: lasciate negli ultimi cinquant’anni al più completo abbandono, raccontano storie  dai tempi della Francigena. Oggi in molti casi sono ruderi prossimi a crollare.
  • gestione degli argini e manutenzione dei fossi, dell’alveo dei corsi d’acqua: Prevedere incentivi, anche in forma di detrazioni fiscali, per quegli agricoltori che si adoperano per la manutenzione di argini e sentieri
  • gestione della selvaggina : programmare gli abbattimenti all’interno delle zone ZRC, assicurare contributi  per pagare i danni: la gestione della selvaggina, come sanno bene gli agricoltori, è complementare a quella delle coltivazioni. ,
  • recupero edilizio dei fabbricati agricoli, rispetto del loro uso come componente essenziale dell’attività agricola, controllo dell’uso dei materiali di restauro,  semplificazione delle procedure per ristrutturazioni e rifacimenti grazie a precise regole costruttive.
  • rispetto del paesaggio agricolo, per garantire la conservazione  delle culture vocate,
  • difendere e dare maggiore credibilità ai marchi di qualità della Val d’Orcia. la doc Val d’Orcia sconfina abbondantemente dal perimetro della valle, estendendosi su un territorio troppo disomogeneo, ed è disciplinata da un regolamento troppo poco vincolante: così il pecorino di Pienza (che poi storicamente era chiamato pecorino della Val d’Orcia), è un marchio costantemente a rischio. Non esiste un disciplinare di produzione. Tutelare la produzione biologica della Valle valorizzazione del turismo che in Val D’Orcia si condensa principalmente nelle attività di Agriturismo. L’agriturismo è accessorio all’azienda agricola e non deve necessariamente diventare un esperienza a “cinque stelle”. Gli agriturismi dovrebbero aiutare il reddito dell’agricoltore, mentre tra molti balzelli e norme sempre nuove, sta diventando per molti operatori una nuova spesa in aggiunta alle altre spese aziendali.
  • toponomastica. Rimodulare e aggionare le indicazioni stradali, i cartelli descrittivi dei siti storici. Per le insegne commerciali e turistiche. è indispensabile formulare  una normativa chiara che ne spieghi fattezza e modalità d’istallazione.
  • centro astronomico. Il centro astronomico di Radicofani è attualmente un valido progetto incompiuto, unico nel suo genere per concezione e per visibilità, con grandi potenzialità turistiche
  • incrementare fiere ed eventi di promozione trovando le condizioni di dialogo con i consorzi (che giustamente spendono per fare conoscere i prodotti dei loro soci in tutto il modo )
  • creare la scuola di arti e mestieri della Val d’Orcia.  esiste già un progetto molto convincente
  • energie alternative. è difficile immaginare una prossima espansione a macchia d’olio di centrali a biomassa o di coperture a pannelli solari. Per aiutare a compiere investimenti fruttuosi, dovrebbe essere allestito un sito di monitoraggio, per confrontarsi e per selezionare le esperienze migliori.
  • comunicazione e promozione del Parco Agricolo: dar vita ad  un ufficio stampa  del Parco Agricolo unitamente ad un Ufficio per le informazioni sia turistiche che di ricezione alberghiera

Il Parco Agricolo sarà in grado di dare una risposta alle questioni accennate ad una sola condizione, che esso si costituisca grazie alla ferma convinzione delle Amministrazioni locali e della cittadinanza attiva. Solo da questa sinergia si potrà assicurare uno sviluppo armonioso che coniughi lo sviluppo delle attività economiche con il rispetto e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della Val D’Orcia.

 

 

 

 

 

 

Contraddizioni toscane.

images (1)Il Parco Regionale delle Alpi Apuane e il Piano Paesaggistico: un passo avanti verso la civiltà?

di FRANCA LEVEROTTI18 Febbraio 2014, da Eddyburg.

Mentre auspichiamo che il piano paesaggistico possa entrare in vigore al più presto, sfuggendo alle forche caudine della cattiva politica, per dare una risposta certa e concreta al consumo di suolo, portiamo all’attenzione la contraddizione di una Regione che favorisce da decenni una devastazione senza precedenti in un Parco Regionale, da due anni promosso GeoParco Unesco, cioè il Parco Regionale delle Alpi Apuane. Il Parco è nato con le  cave al suo interno, è nato ostaggio della politica e di pochi industriali.

Qui in un’area di grande bellezza, all’interno di una vasta ZPS e di ben 10 SIC continuano a lavorare indisturbate, in totale violazione di tutti i commi dell’art. 142 del Codice, delle leggi europee di tutela della acque superficiali e carsiche, del principio di precauzione, una cinquantina di cave: miniere a cielo aperto e cave in galleria.

Cave adiacenti a geositi, cave sopra i 1.200 metri, all’interno di boschi, di circhi glaciali, cave di cresta, cave in prossimità di ingressi carsici, inghiottitoi e abissi tra i profondi d’Italia (ad esempio il Roversi: 1.350 m di dislivello), o tra i più estesi d’Italia (l’Antro del Corchia: 54 km di gallerie sotterranee), cave in diretta corrispondenza con le sorgenti con il risultato che, dopo le piogge, i fiumi invasi dalla marmettola  sono bianchi come il latte.

Estrazione significa devastazione, dal momento che  una legge regionale consente che solo il 25% del marmo estratto sia costituito da blocchi; il 75% sono perciò informi, scaglie, che vengono utilizzati nelle industrie farmaceutiche, alimentari, nella colla per piastrelle, nelle creme, nei dentifrici: l’alta percentuale di carbonato di calcio le rende un ottimo sbiancante e anche lo schermante ideale per materiale radioattivo (e qui si potrebbe aprire una parentesi sulle navi dei veleni partite dal porto di Marina di Carrara e autoaffondate davanti alle coste calabresi, ma attendiamo il materiale de-secretate recentemente dall’on. Boldrini). Dalla pesa pubblica della sola città di Carrara sono passati, tra 2001 e 2010, 50 milioni di tonnellate di marmo, un dato certamente inferiore alla realtà, che offre la misura della immane distruzione di queste montagne, teoricamente tutelate per legge, essendo in gran parte all’interno di un Parco.

Non siamo di fronte soltanto a violazioni della normativa italiana ed europea di tutela dell’ambiente, del paesaggio, del principio di precauzione, ma delle più elementari regole di pianificazione, nel momento in cui una normativa regionale consente di fare approvare in tempi diversi un piano del Parco (in cui non vi è menzione di cave!!!) ed un piano delle attività estrattive (già formulato quest’ultimo nel 2002, ma non varato fino ad oggi per l’ostilità dei concessionari che hanno trovato una sponda nei sindaci).

A gennaio sono scadute le osservazioni alla VAS limitatamente a quel piano del Parco silente sulle cave, che era stato contro dedotto nel 2012: un’assurdità la VAS  inserita a fine percorso; così come privo di sostanza e di logica pianificatoria appare un piano del Parco che ignori la presenza delle 50 cave attive ed altrettanto assurdo si profila oggi l’avvio del piano per le attività estrattive.

In questo contesto si inserisce il Piano Paesaggistico approvato recentemente dalla Giunta , che relativamente alle cave nel Parco afferma di voler promuovere la “progressiva riduzione delle attività estrattive a favore di funzioni coerenti con i valori e le potenzialità del sistema territoriale interessato” e  “il recupero paesaggistico delle cave dismesse” , “escludendo l’apertura di nuovi siti estrattivi e ampliamenti di quelli esistenti nelle aree ove le attività di coltivazione e quelle ad esse collegate possono compromettere la conservazione e la percezione dei siti”. Nelle norme di salvaguardia , che vietano ampliamenti nelle aree contigue intercluse del Parco, si specifica anche che continueranno le attività autorizzate svolte in conformità ai   piani di coltivazione ed entro i termini indicati nei provvedimenti autorizzativi, conformi alla legge regionale 78/98: dunque continueremo a vedere vette tagliate, montagne demolite sopra i 1.200, sorgenti imbiancate fino alla scadenza delle concessioni, ed assisteremo impotenti alla distruzione del paesaggio in attesa della nuova legge regionale sulle cave che contemplerà – si spera – un diverso rapporto marmo in blocchi /marmo in scaglie.

Ebbene, di fronte ad un piano paesaggistico che prevede in un futuro indeterminato la chiusura di cave che per la loro natura sono illegittime in un Parco, di cave che inquinano le acque di superficie e le cavità carsiche, di cave che violano l’art. 142 del Codice in tutti i suoi commi, fuori luogo e impropria, per la carica che riveste, appare l’esternazione dell’attuale presidente del Parco, pubblicata nei quotidiani locali, nel Corriere fiorentino…. Un Presidente del Parco, scelto dalla politica, che , sotto il pretesto di posti di lavoro, ignora la devastazione ambientale per difendere la lobby dei concessionari.

Certamente l’economia degli abitanti del Parco e delle aree contigue non può trovare beneficio nell’attività distruttiva delle cave: pochi sono gli addetti, sostituiti dalle macchine, e la filiera corta è scomparsa perché i concessionari trovano più remunerativo lavorare altrove i marmi. Sarebbe doveroso che  la Regione cominciasse a promuovere il territorio, applicando e facendo applicare la disattesa sentenza della Corte Costituzionale (488/1995): le concessioni a Massa e a Carrara devono diventare temporanee ed onerose, le rendite parassitarie devono sparire, e “i canoni annui di beni appartenenti al patrimonio indisponibile dei comuni” devono essere determinati secondo un valore “non inferiore a quello di mercato”. Non lo dicono gli ambientalisti, lo dice la legge, lo impone la sentenza della Corte Costituzionale ignorata fino ad oggi dalle amministrazioni locali, con il consenso di una inattiva Regione.

Oggi a Massa le cave si lasciano in eredità, si vendono , si subappaltano; il Comune riscuote un canone annuo sulla base del reddito agrario e preleva da ogni tonnellata di marmo in blocchi (indipendentemente dalla qualità del marmo, il cui valore oscilla da 300 a 4.000 euro a tonnellata) euro 8,30.

Il futuro di questa zona può e deve trovare un volano in un piano paesaggistico che riconosca al Parco l’essenza di area protetta e in una legge sulle cave che restituisca il giusto valore ad una risorsa non rinnovabile,  e che renda applicabile, dopo venti anni, la sentenza della Corte Costituzionale.

L’autrice è Consigliere nazionale di Italia Nostra

No all’eolico selvaggio

cima monte gazzaro (m 1125) foto caiIl Comitato di Monte Gazzaro (Firenzuola) contesta il progetto di impianti eolici sul crinale dell’Appennino.

Martedì 18 febbraio ci sarà la conferenza dei servizi (Settore Energia della Regione Toscana) per l’autorizzazione unica a un impianto di 6 grandi pale eoliche (altezza 90/95 metri, potenza complessiva 5,1 GW) sul crinale principale dell’Appennino tra il passo della Futa e la Cima del Monte Gazzaro.

Nello scorso Giugno, su proposta del settore Valutazione impatto ambientale, la Giunta Regionale ha riconosciuto la “compatibilità ambientale” del progetto. Tale riconoscimento si è basato, secondo il Comitato Monte Gazzaro, su un parere profondamente scorretto della Soprintendenza (addirittura falso). Per questo è stato contestato e la stessa Soprintendenza si è impegnata a formulare un nuovo parere in vista della Conferenza dei servizi.

Anche le commissioni del paesaggio dei tre comuni interessati (Firenzuola, Scarperia e Barberino) hanno formulato pareri negativi, ma le amministrazioni comunali – fatta eccezione per quella di Firenzuola – si sono espresse a favore.

Nel frattempo la Giunta Regionale ha adottato il nuovo Piano Paesaggistico (ora al Consiglio Regionale per l’adozione e la successiva approvazione) che contiene elementi tali da rendere molto problematica la compatibilità dell’impianto. Va ricordato che nella precedente versione del PIT (2009) la Disciplina di piano non si diceva nulla a proposito degli impianti energetici, in ossequio al principio della divisione settoriale delle competenze. Viceversa nella nuova versione l’art. 33 (Le infrastrutture di interesse unitario regionale) così recita al terzo comma:

La Regione promuove la massima diffusione delle fonti rinnovabili di energia. Ai fini del conseguimento della piena efficienza produttiva degli impianti necessari alla produzione di fonti energetiche rinnovabili e della tutela delle risorse naturali e dei valori paesaggistici del territorio toscano, la localizzazione e la realizzazione degli impianti stessi avrà luogo […], sulla base delle determinazioni del Piano di Indirizzo Energetico Regionale previa specifica valutazione integrata a norma del piano paesaggistico regionale di cui al presente PIT e dei vincoli previsti dalla normativa nazionale e regionale.

E in particolare nella scheda relativa all’ambito 07 (Mugello), nella sezione relativa ai Caratteri eco sistemici del paesaggio, nella parte dedicata alle criticità, che Tra le aree critiche per la funzionalità della rete ecologica sono state individuate le seguenti: Agroecosistemi delle alte valli di Firenzuola: con perdita di ecosistemi agropastorali tradizionali, riduzione del pascolo per processi di ricolonizzazione arbustiva e arborea e conseguente perdita di diversità, di habitat e di specie vegetali e animali di interesse conservazionistico. Presenza o previsione di nuovi impianti eolici.

Si dirà che il nuovo Piano Paesaggistico è stato per adesso soltanto approvato dalla Giunta e che i tempi per la definiva approvazione in Consiglio saranno lunghi. Ma l’area del passo della Futa e della conca di Firenzuola è comunque interessata dalla presenza di ben quattro aree classificate come SIR (Siti di Importanza Regionale) per il loro valore naturalistico. Si tratta dei SIR n° 35 Passo della Raticosa, Sassi di San Zanobi e della Mantesca,  n° 36 di Castro-Montebeni, n° 37 Conca di Firenzuola e n° 38 Giogo-Casaglia (da notare che il monte Gazzaro non è compreso nelle aree di interesse naturalistico!). Di queste aree si occupa anche la versione del PIT vigente, nella scheda relativa alla Romagna Toscana, dove troviamo che per la zona di Giogo-Canaglia (sic!: leggasi Casaglia) il relativo obbiettivo di qualità riguarda il Mantenimento degli elevati livelli di naturalità […] della matrice forestale: obbiettivo che può essere raggiunto attraverso un piano complessivo sulla conservazione delle aree aperte […], considerando unitamente i SIR dell’Alto Mugello e i territori esterni adiacenti ai SIR stessi ma con caratteristiche analoghe.

Così, anche se il tratto di crinale del Monte Gazzaro non è compreso in nessuno dei quattro SIR (il che appare se non altro alquanto paradossale), il PIT vigente segnala la necessità di uno strumento di gestione coordinato per la gestione del patrimonio agricolo e forestale delle aree protette come di quelle adiacenti, e dunque di tutti i crinali dal passo della Raticosa alla Colla di Casaglia. Di questa indicazione non troviamo traccia negli atti autorizzativi del parco eolico in questione.

Il Comitato ha presentato a suo tempo (4 gennaio) osservazioni ben articolate e motivate, alle quali rimandiamo (osservazioni Monte GazzaroNuove osservazioni febbraio).  I danni paesaggistici sono evidenti: visibilità delle immense pale, distruzione di aree boscate (pari a 45.000 metri quadri), effetto cumulativo (nel comune di Firenzuola è presente un altro grande impianto eolico, e due impianti sono in territorio emiliano sul confine con la Toscana). Ma in più vanno segnalati due aspetti peculiari del progetto:

–         Le pale sono installate  per un’estensione di 1200 metri proprio sul tracciato della Grande Escursione Appenninica che, in questo tratto, coincide anche con il “Sentiero degli Dei” da Bologna a Firenze.

–         L’impianto sarebbe il primo, almeno in Toscana, sul crinale principale dell’Appennino e quindi potrebbe costituire un precedente pericolosissimo e rimettere in corsa anche impianti già bocciati.

Le foto che alleghiamo simulano i possibili effetti del progetto, visto da diverse angolature.

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