Toscana. Quanto vale il paesaggio.

Pozzolatico, Toscana: luna all'alba d'estate.

Un piano della Giunta per difendere il territorio da lottizzazioni e cemento. La Toscana blinda il suo paesaggio.

Di Vittorio Emiliani, L’Unità, 29 gennaio 2014.

I paesaggi toscani, amati in tutto il mondo, così diversi dall’Appennino al Tirreno, paesaggi come fatti a mano dall’uomo nei secoli, terrazzamento dopo terrazzamento, filare dopo filare, seminati di borghi e di città turrite e murate hanno, dopo due anni di studi e di confronti fra Regione e Ministero, un nuovo piano generale con un apparato imponente di elaborati (ben 25 dvd). L’ha approvato la Giunta presieduta da Enrico Rossi (Pd) che lo definisce “un piano ciclopico per un territorio tutelato al 60 per cento”. Ma che, purtroppo, nei decenni precedenti ha subito aggressioni pesanti. A colpi di lottizzazioni. Al punto che fu salutata come una svolta la dichiarazione di esordio, oltre tre anni or sono, dello stesso presidente Rossi: “Non credo che il futuro della Toscana siano le villette a schiera.”

Quelle villette a schiera sotto accusa un po’ dovunque ad opera di comitati di base attivissimi, partiti dalla denuncia della mediocre lottizzazione di Monticchiello in Comune, nientemeno, di Pienza la città ideale di Pio II, e del convegno che ne seguì nel 2006. Nel 2004 erano stati rilasciati in Toscana permessi per quasi 5 milioni di metri cubi di sole residenze. Una colata. Dopo le elezioni regionali del 2010, venne chiamata a reggere lo strategico assessorato all’Urbanistica un’ottima docente della materia a Venezia, Anna Marson, con casa in Toscana, la quale si è gettata con passione e competenza nell’opera di revisione di una politica che rischiava di intaccare un patrimonio comune inarrivabile dalla Maremma alla Versilia, dal Senese all’Aretino, al Cortonese. “Il paesaggio in Toscana conta”, osserva l’assessore Marson, che ha dovuto e dovrà parare, come il presidente Rossi, non pochi attacchi. “E’ un bene comune di tutti i suoi abitanti che incorpora la memoria del lavoro di generazioni passate e costituisce un patrimonio per le generazioni a venire”. Esso richiede “non solo tutela, ma anche cura e manutenzione continua, rappresenta un valore aggiunto straordinario in termini di riconoscibilità, ma di attrattività anche economica del territorio”. So per certo che a chi esporta negli Stati Uniti vini toscani di qualità i compratori americani chiedono anzitutto delle buone immagini che consentano di capire in quali paesaggi sono collocate quelle vigne doc: più essi sono belli e più quei vini valgono. La bellezza come valore economico oltre che sociale.

Non è stato un cammino facile questo del Piano elaborato col Ministero dei Beni culturali come prevede il Codice per il Paesaggio, e lo sarà ancora meno in Consiglio regionale. Come quello della parallela legge urbanistica regionale, di cui parleremo in altra occasione. Ma dobbiamo augurarci che, grazie anche all’apparato di studi e di approfondimenti dal quale nascono le nuove regole paesaggistiche, esso possa vincere resistenze e opposizioni, divenendo un esempio per le altre Regioni, per lo Stato stesso, per il Parlamento che da troppo tempo assiste inerte alla cementificazione diffusa, ad un consumo di suolo forsennato. Di suolo e di paesaggio.

Il piano definisce in modo puntuale il territorio urbanizzato differenziando le procedure per intervenire in esso da quelle per la trasformazione in aree esterne sia per salvaguardare i territori rurali, sia per promuovere riuso e riqualificazione delle aree degradate o dismesse. Esso non consente nuove edificazioni residenziali o le sottopone al parere obbligatorio della conferenza di copianificazione. Ci sarà un maggior accesso dei cittadini agli atti urbanistici e il monitoraggio costante della situazione territoriale. In modo di fornire alla Regione e alla conferenza paritetica fra le istituzioni materiali e pareri tecnici elaborati. Nel paesaggio come “bene comune costitutivo dell’identità collettiva toscana” – fa notare l’assessore Marson – si compie lo stesso percorso realizzato negli anni ’50 e ’60 dal vincolo su singoli edifici alla tutela di interi centri storici. Con un recupero concettuale e politico importante: i piani urbanistici intercomunali. All’agricoltura va evitato il più possibile lo spezzettamento dovuto a interventi non agricoli: essa, se rispettosa dell’ambiente, può risultare fondamentale “per lo sviluppo sostenibile e durevole, garantendo la qualità alimentare e ambientale, la riproduzione del paesaggio, l’equilibrio idrogeologico, il benessere anche economico della regione”. Funzioni molteplici, tutte essenziali, che l’abbandono delle terre alte e un’agricoltura “industriale” non rispettosa dell’ambiente (spianato a colpi di ruspe) hanno depotenziato o cancellato, provocando, incrementando frane, smottamenti, alluvioni. Guasti di cui l’uomo è responsabile e che bisogna sanare, prevenire.

Il piano paesaggistico è organizzato su di un livello regionale e su venti ambiti, dalla Lunigiana alla bassa Maremma, dal Casentino alla Val d’Orcia. Esso “è un piano sovraordinato cui sono tenuti a conformarsi gli altri piani e programmi di livello regionale e locale”. Gerarchia fondamentale. Con una certezza delle regole tale da ridurre al minimo la discrezionalità relativa ai procedimenti e alle stesse valutazioni di merito, ai tempi della pianificazione (da accorciare dai 6 anni attuali a 2 al massimo).

Quanti in Italia credono ancora, nonostante le mille cocenti delusioni, al presente e al futuro della pianificazione, alla tutela attiva del paesaggio e dell’ambiente di un Belpaese amato più all’estero ormai che in Italia, si schierino a favore di questa copianificazione esemplare fra Ministero e Regione Toscana e della parallela legge urbanistica regionale. Questo è vero, orgoglioso regionalismo. Questo che afferma un codice di regole condivise “per il buongoverno”. Come non ricordare, a questo punto, gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo pubblico di Siena sul Buongoverno in città e in campagna? Come non ricordare le lontane parole di Emilio Sereni, storico del paesaggio agrario, “il gusto del contadino per “il bel paesaggio” agrario nato di un sol getto con quello di un Benozzo Gozzoli per il “bel paesaggio” pittorico, e con quello del Boccaccio per il “bel paesaggio” poetico del Ninfale fiesolano”? Notazione ripresa nel ‘77 da Renato Zangheri anche se le campagne sembravano davvero divenute marginali. Oggi sappiamo che, per tanti versi, non è più così. La collina italiana si è in parte ripopolata e la montagna ha quanto meno arrestato la fuga biblica durata oltre mezzo secolo. Ma per tornare a sperare dobbiamo pianificare.

Spuntano come funghi, nel bosco…

DSC_0261Magari fossero funghi, invece sono piloni di cemento che l’ENEL sta posando nel bosco senza chiedere l’autorizzazione a nessuno: tantomeno agli interessati, ossia la comunità “nascere liberi” che ha ottenuto la gestione dei terreni della valle di Campanara (comune di Palazzuolo sul Senio) in attuazione della delibera n. 67 del 23/6/2004 del Consiglio Regionale toscano. Si tratta di un progetto innovativo, che ha come obiettivo il ripopolamento della montagna come condizione indispensabile per la difesa del territorio. Proprio in virtù di questo progetto è stata impedita la vendita di questi terreni demaniali da parte della Regione: e ora gli stessi terreni sono deturpati da una fungaia di piloni, il cui impatto negativo le foto non rendono a sufficienza, per scopi che non sono affatto chiari, e che non riguardano di certo la domanda locale di energia, che la comunità di Campanara intende affrontare con criteri di autosufficienza.

Si veda il sito dove è documentato il progetto.

Così ci scrivono:

Le comunità che si prendono a cuore il territorio sono comunità che hanno deciso di compiere un salto di qualità culturale: superata l’esclusiva preoccupazione della sopravvivenza, aspirano ad assumere un ruolo attivo per il miglioramento della qualità della vita. Per costruire un futuro migliore del presente, a partire dalla cura dell’ambiente. Più incisiva sarà l’azione se riuscirà a coinvolgere e organizzare forze e risorse della comunità civile. 

Noi attuali abitanti dell’antico insediamento rurale di Campanara, posto sui pianori terrazzati in alta valle del Senio sotto il passo della Sambuca, insieme a quelli e quelle che qui vengono spesso e collaborano, senza abitarci stabilmente:  Riteniamo INCOMPATIBILI con l’identità del Luogo la posa e la messa in funzione di Piloni per l’elettricità alti oltre 7m, di metallo e di cemento di oltre 50cm di diametro.

Per questo chiediamo

IL BLOCCO DEI LAVORI E IL RIPRISTINO DEI LUOGHI.

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PER LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA

La Delibera n.120-8feb2010 parla di Valorizzazione,invece l’installazione dei Piloni nel cuore dell’area di Campanara porta una SVALORIZZAZIONE.

Vogliamo innanzitutto ricordare che l’art.9 della Costituzione pone sullo stesso piano il Paesaggio con un bene artistico e storico e si deve sottolineare che,secondo la nostra Costituzione,che ha dato vita allo Stato Sociale di Diritto,l’interesse pubblico prevale comunque sull’interesse privato.

Si deve parlare  di un bene artistico e storico,posto sullo stesso piano del Paesaggio dall’art.9 della Co

stituzione,proprietà collettiva delle Popolazioni di contadini di montagna che vivevano su tutto l’Appennino dove ne avevano organizzato i territori,poi del Popolo di san Michele da cui la chiesa di san Michele a Campanara,poi dei proprietari terrieri,per lo più valligiani,dove vi avevano fatto costruire parte degli edifici ora rimasti,fino all’Esodo dei contadini dagli anni ’50 in poi, con la vendita allo Stato.

Così che da allora, ricordiamo che si tratta di un “patrimonio non disponibile”sottoposto alla disciplina dei ”beni demaniali”,dunque “inalienabile,inusucapibile e inespropriabile.”

Ma, da allora questo patrimonio è RIMASTO CONGELATO

Si tratta ora di SCONGELARE AD UN USO SOCIALE QUESTO PATRIMONIO E QUESTO PROGETTO organizzando ALTERNATIVE ALLA CRISI E  BASI DEL CONTROESODO.

Per questo i paletti messi dalla Comunità Montana,la negazione di molte delle terre e del legnatico

per il progetto impediscono l’uso sociale di questo Patrimonio e di questo Progetto,la crescita delle pratiche comunitarie di Autodeterminazione e l’Autorecupero Sociale di villaggi e terre abbandonate.

-VALORIZZAZIONE SOCIALE O SVALORIZZAZIONE

-RINNOVAMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO SULLE MONTAGNE

-CONSERVAZIONE,GESTIONE E USO CIVICO E SOCIALE DI QUESTI

PATRIMONI O GESTIONE CLIENTELARE

-AUTORECUPERO SOCIALE O RISTRUTTURAZIONI E DEMOLIZIONI

Questo è il passaggio in cui siamo in mezzo. Questa è la partita

Prima della Delibera si poneva “semplicemente” un problema di conservazione e gestione di questo bene:funzioni che spettano sia alle Istituzioni che ai cittadini “singoli o associati”,si trattava di un interesse alla conservazione e gestione che doveva prevalere su tutti gli altri interessi.

Si deve sottolineare che su questo bene,oltre il  profilo dell’appartenenza al Popolo Sovrano,rileva anche il profilo dell’ ”uso pubblico” del bene stesso da parte della popolazione. Su questo bene,dunque,

gravano,nello stesso tempo,un “diritto sostanziale di proprietà”del Popolo italiano, e un “diritto di uso pubblico” della popolazione mugellana. Cosa che si è verificata poco.

D’altro canto,come poco sopra si accennava,il “diritto-dovere” alla conservazione e gestione di questo bene non appartiene esclusivamente alle pubbliche Istituzioni,poichè la “funzione amministrativa”a differenza delle funzioni legislativa e giurisdizionale non costituisce un “Monopolio” della Pubblica Amministrazione,ma è assegnata anche ai singoli cittadini. Infatti,molto chiaramente,l’art.118,ultimo comma,della Costituzione,dichiara che “Stato,Regioni,città metropolitane,Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini,singoli o associati,per lo svolgimento di attività di interesse generale,sulla base del principio di sussidarietà”.

Ci siamomessi in movimento proprio in base al principio di “sussidarietà”, giovani e meno giovani,agendo non in “rappresentanza” ma con spirito comunitario,come “comproprietari” per salvare dalla distruzione e socializzare questi patrimoni,senza scopo di lucro, ma nell’interesse esclusivo di tutte e tutti  per costruire una alternativa alla società liquida e alla disgregazione. Questo ha smosso soggettività e competenze,anche all’interno delle istituzioni, ora però è fondamentale uscire dalla liquidità e concretizzare Tavolo e Osservatorio.

In conclusione,può dirsi che ora la parola passa alle Istituzioni,le quali devono operare per la conserva

zione di questo bene culturale di altissimo valore storico e sociale e devono condividere la loro attività di conservazione e gestione del bene con coloro che hanno cominciato a impedire la perdita di questo patrimonio e che venisse meno la “funzione sociale”e fosse violato il prevalente interesse pubblico alla conservazione e al godimento di questi antichi luoghi di cultura.

ASS. NASCERE LIBERI con il contributo di Paolo Maddalena

versione completa

Amiata: il TAR ferma Bagnore 4.

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Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi!

Accolte le nostre ragioni, ora le amministrazioni facciano il loro dovere.

Il TAR Toscana annulla l’AIA, l’autorizzazione per i lavori della centrale geotermica Bagnore 4, perchè le prescrizioni contenute nella VIA non sono state soddisfatte.

Esulta Sos geotermia, che, affiancata dal Forum Ambientalista di Grosseto, dal WWF e da Italia Nostra, vede riconosciuta la denuncia che la concessione della VIA da parte della Regione Toscana era stata forzatamente rilasciata e per fare ciò era stata infarcita di oltre 30 prescrizioni di difficile attuazione e che da sole, mettevano in evidenza come il progetto non fosse autorizzabile.

Tutto sarebbe passato sotto silenzio se Sos geotermia non avesse, da subito, denunciato lo scempio di un’altra centrale da 40 MW, con la complicità della Regione ed il colpevole silenzio dei sindaci, ma il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi e la traballante autorizzazione è crollata.

E dire che ancor prima che si iniziasse l’iter avevamo chiesto alle amministrazioni una moratoria per poter discutere nel merito di tutta la questione, ma non abbiamo mai trovato amministratori disponibili a difendere il territorio.

Oggi, alla luce anche delle prese di posizione contrarie alla centrale GESTO di Montenero, è il momento di rimettere in discussione, una volta per tutte, il modello di sviluppo che si vuole per tutto l’Amiata e la Maremma: è così stridente e lampante la contraddizione che vede gli amministratori contrari alla centrale di 5 MW a ciclo binario di Montenero e favorevoli al raddoppio fino ad oltre 120 MW a rilascio libero delle centrali Enel.

Oltre al fermo di Bagnore 4 conseguente al pronunciamento del TAR, gli amministratori facciano propria la richiesta di ‘moratoria immediata’ di ogni attività. Oggi non hanno più scuse, conoscono gli effetti dell’attività geotermica sulla salute e sull’ambiente, non potranno mai più dire ‘non sapevamo’, nè nascondere le loro responsabilità dietro prescrizioni regionali ‘a futura memoria’ che poi nessun ente pubblico verifica.

 

Posted on 21 gennaio 2014 by sos geotermia

 

Geotermia, Progetto Mensano

mensano

La Regione Toscana non ascolta le richieste dei cittadini che hanno chiesto a gran voce la Valutazione di Impatto Ambientale prima di qualsiasi trivellazione nei comuni di Volterra, Casole D’Elsa e Radicondoli.

La società Magma Energy Italia, controllata oggi dalla società Graziella Green Power di Arezzo, in data 18 ottobre 2013 aveva richiesto alla regione il permesso per la trivellazione di tre pozzi geognostici allo scopo di cominciare a misurare le temperature del sottosuolo in previsione della costruzione di nuove centrali geotermoelettriche.

La mobilitazione dei comitati, delle associazioni e dei singoli cittadini è stata immediata e sono giunte alla Regione osservazioni contrarie da parte di cinquantasei soggetti diversi, che avevano semplicemente chiesto che venisse valutato l’impatto ambientale dei pozzi geognostici.

Ad una prima lettura gli argomenti della Regione per il rifiuto della V.I.A. sono stati principalmente due.

Il primo è la richiesta di produzione energetica da fonti alternative diverse da quelle fossili da parte dell’Europa, richiesta che non tiene conto delle caratteristiche dei singoli stati e territori e delle economie nelle quali queste produzioni energetiche si dovrebbero inserire.

Sarebbe stato compito della Regione Toscana valutare l’impatto delle richieste europee sull’economia turistica e rurale ed attivare la procedura di V.I.A..

Un secondo argomento della Regione Toscana è che:

le localizzazioni individuate dal proponente per la perforazione dei pozzetti termometrici ricadono in aree soggette a vincolo idrogeologico e non ricadono in aree soggette a vincolo paesaggistico o archeologico.

Questo nonostante 3000 cittadini delle zone interessate dalle prospezioni abbiano richiesto la valutazione dei vincoli da anni, sollecitata lo scorso luglio dallo stesso Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.

La Regione argomenta affermando che:

si prende atto della richiesta di attivazione di una procedura di apposizione del vincolo paesaggistico avanzata da Italia Nostra il 10.01.2008 per le aree situate nel Comune di Casole d’Elsa e che tale richiesta è rimasta senza risposta da parte delle Autorità competenti.

Ci troviamo quindi nella situazione paradossale di una Regione che rifiuta ai cittadini la Valutazione di Impatto Ambientale perché la Regione stessa, in sei anni, non ha mai risposto alla richiesta di vincolo.

La risposta della Regione Toscana ha quindi un valore politico.

La richiesta di una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale avrebbe infatti portato a considerare la possibilità dell’impatto economico dei pozzi (l’economia della Toscana è legata al paesaggio più di quella di qualsiasi altro luogo) e quindi avrebbe fornito elementi per valutare i primi effetti di un evidente processo di industrializzazione del paesaggio rurale.

La risposta della Regione Toscana, di fatto cerca in modo inaccettabile di considerare separata la trivellazione dei pozzi di prospezione dal processo industriale del quale sono solo un passo, processo che potrà avere come conseguenza la trasformazione di una economia florida e distribuita tra migliaia di piccoli proprietari in una economia energetica concentrata nelle mani di pochi gruppi industriali. Sarebbe stato un dovere politico e morale della Regione, specialmente in un momento economico così delicato, avviare una procedura di valutazione di questo impatto.

Viene invece favorito ancora una volta un modello di sviluppo incerto e favorevole a pochi che contrasta con le vere ricchezze davvero inesauribili che il nostro territorio offre, turismo, agricoltura di qualità, biodiversità, ecc. basi portanti di un’economia diffusa e ben radicata che mal si sposa con questo tipo di geotermia che devasta il territorio inquinandolo e impoverendolo.

E’ quindi evidente la difficoltà politica della Regione Toscana di comprendere l’economia delle piccole imprese legate al paesaggio, e la trasformazione economica verde che l’intero pianeta sta intraprendendo.

Non si può non osservare con una certa perplessità che tra le centinaia di possibilità alternative all’industrializzazione del territorio rurale, prima fra tutte quella della costruzione di una fitta rete di microimpanti domestici, la Regione Toscana, attraverso i permessi di prospezione ha scelto la strada dei megaimpianti. E ciò nonostante i catastrofici effetti che questo tipo di produzione energetica ha prodotto sull’economia del turismo nella zona di Larderello e in tutte le località geotermiche più sfruttate.

Prendiamo atto di questa scelta politica che certamente condizionerà le scelte dei cittadini di tutta la Toscana quando si dovrà votare per il rinnovo del Consiglio Regionale. La risposta della Regione indica infatti che per tutelare i posti di lavoro e le migliaia di imprese legate all’economia del paesaggio è necessaria una classe dirigente in grado di comprendere il significato e il valore economico di uno dei più importanti settori agricoli e turistici del pianeta.

Comitato Difensori Della Toscana

http://difensoridellatoscana.wordpress.com/