Le grandi opere che dividono l’Europa

P1018906-300x225e uniscono i popoli nella lotta,

di Daniele Forte,

Rosia Montana, Romania: seconda settimana di maggio, sotto un sole che non ha fatto mancare i propri favori: a sorpresa (per alcuni di noi) il IV Forum Internazionale contro le Grandi Opere Inutili ed Imposte (4° FAUIMP) si è tenuto in un contesto agricolo lontano dai centri congressi che ingenuamente siamo portati ad immaginare quale sede ordinaria per eventi di questa caratura. Riunione di apertura esaltante, un cerchio cosmopolita sorridente ed appassionato delimita con le panche il verde smeraldino del prato nella fattoria che ha ospitato il forum dell’edizione 2014, organizzato dal movimento Salvati Rosia Montana. La località montana è il centro del movimento di lotta che, da quattordici anni, con esito favorevole, combatte lo sfruttamento minerario aurifero da parte di compagnie canadesi che vorrebbe barattare laghi di cianuro e voragini a cielo aperto con pochi edifici ristrutturati ed una manciata di posti di lavoro. Uno schema noto alle centinaia di facce e volti di partecipanti, ciascuno recante testimonianza di lotte per la difesa dei propri territori, visi segnati dalle rughe di chi studia carte e dai calli di chi ha costruito barricate e presidi. Ma quanto colpisce di più è il senso di generale rispetto e responsabilità: sentieri obbligati (ma condivisi) per non rovinare il manto erboso (divenuto il bene comune per antonomasia), cautela nel raccogliere immagini video e fotografiche, misura e pacatezza nel dibattito anche acceso, sintonia tra esperienze di lotta mature e nuove istanze di giustizia e legalità. La disposizione circolare, il senso diffuso di parità, esaltano la percezione di trovarsi di fronte alla parte migliore dell’umanità, sopravvissuta al tracollo dei movimenti sociali di inizio millennio, all’introduzione dell’euro e pure allo stato di guerra permanente condotta entro e fuori i confini (comunque assurdi, quali essi siano). Delle dichiarazioni finali, delle petizioni e dei risultati istituzionali del Forum, lascerò che parlino penne più informate e competenti. Quanto voglio trasmettere al lettore è la grandezza del contatto con la natura e la solidarietà genuina e sincera, fatta di pane cotto a legna, tavolate collettive e turni per lavare i piatti. Non poteva esserci dimostrazione più concreta del fatto che si può parlare dei massimi sistemi in cinque lingue (EN, DE, RO, FR, IT) facendo esperienza tangibile della collaborazione tra persone e popoli. Per svolgere il “lavoro sporco” non sono stati fatti più di due appelli. Cibo ottimo, rigorosamente vegano: nemmeno mangiando i partecipanti hanno abbandonato coerenza ed impegno. Il collettivo in cucina ha lavorato senza tregua con risultati eccellenti soprattutto sotto il profilo del gusto: sono certo che in tanti abbandoneranno per sempre il coltello da carne per passare al cucchiaio della zuppa di legumi. Una vera rivoluzione se si pensa al tradizionale menù romeno. Finanziamento: ad offerta libera, chiusura in attivo al netto del pagamento delle spese di viaggio di chi non poteva permetterselo (compreso un meraviglioso ospite marocchino). Poi c’è l’Italia (che poi è Europa ed Occidente liberista), che ti aspetta con il codazzo di corrotti, spartizioni, colate di cemento e situazioni surreali, compresa la militarizzazione di Torino per una manifestazione pacifica, lo stupore per le infiltrazioni mafiose nei cantieri dell’Expo, le notizie deviate sulla crisi Ukraina. Bastano cinque giorni di libertà per capire definitivamente che il mondo che ti accoglie al ritorno è un teatrino costruito ad arte, un apparato di controllo mentale, di offuscamento delle coscienze, un sistema di condizionamento che ti costringe ad accettare il macabro paradosso secondo il quale, per convivere pacificamente, occorra bombardare, picchiare, controllare, depredare e nella migliore delle ipotesi ridurre il dialogo interpersonale ad una perpetua bagarre da talk show elettorale. Quando assaggi il pane che ha il gusto del sudore di tutti, non puoi pensare di tornare indietro, il tuo unico pensiero è di coinvolgere le persone più care perchè sperimentino questi percorsi, perchè possano leggere i quotidiani con il medesimo disgusto che proviamo oggi al nostro ritorno, perchè possano pensare che riuniti in cerchio, su un prato d’erba, sotto un telone che a stento ripara dal sole, si possa costruire un mondo in cui i valori della solidarietà, della libertà e del rispetto siano i pilastri sui quali erigere una comunità nuova in cui si sia posto per tutti. Un posto per tutti: per chi lotta in strada ed intorno ai cantieri, per chi resiste nei tribunali ed in galera, per chi vive la politica con spirito di sacrificio ed onestà, per chi dà il buon esempio pensando che anche le attività economiche debbano essere condotte nella massima trasparenza in ottica di equità. Etinomia, presente, l’ha ribadito più volte, con forza, tra l’approvazione generale. Nel prossimo V Forum, che si tenga in Marocco, in Turchia o nei Paesi Baschi dovrà esserci posto per tutti, perché si parte e si torna insieme: è l’unico modo per vincere la lotta globale che vede tutti uniti contro la devastazione (ambientale ed economica), di cui il TAV, il fracking, lo sfruttamento minerario e le incondizionate colate di cemento sono solo episodi particolari. «Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.» (Bertold Brecht)

images13 maggio 2014

No al tunnel TAV

22 marzoIl Pd di Renzi-Nardella tira dritto: “La Tav va fatta sotto Firenze”,

di RICCARDO CHIARI, Il Manifesto, 23 marzo 2014.

Il Pd di Mat­teo Renzi non ha dubbi: il farao­nico, costo­sis­simo e rischioso pro­getto del sotto-attraversamento fio­ren­tino dell’alta velo­cità deve andare avanti. “La Tav è un pro­getto nazio­nale di Fer­ro­vie dello Stato, e ci augu­riamo che que­sto can­tiere riprenda il prima pos­si­bile”. Parole di Dario Nar­della, neo depu­tato tor­nato vice­sin­daco per­ché il lea­der lo vuole in Palazzo Vec­chio. Un can­di­dato sin­daco che, alla vigi­lia delle odierne pri­ma­rie di un par­tito che gli ha subito tolto dai piedi l’unico peri­colo (Euge­nio Giani), snobba l’invito del comi­tato “No tun­nel Tav” ad una gior­nata di ana­lisi — eccel­lente — sulle enormi cri­ti­cità della grande opera. Con in paral­lelo la pre­sen­ta­zione di quella alter­na­tiva, di super­fi­cie, esi­stente fin dagli anni ’90. Diven­tata oggi un raf­fi­nato e inno­va­tivo maxi­pro­getto di sistema fer­ro­via­rio inte­grato per l’area metro­po­li­tana fio­ren­tina. Meno impat­tante. Assai meno costoso. Ben più utile per un traf­fico fer­ro­via­rio che, dati alla mano, conta molti più pen­do­lari locali – pena­liz­za­tis­simi — che utenti Tav.

Per giunta sul nodo di Firenze, e più in gene­rale sull’intero per­corso dell’alta velo­cità che da Bolo­gna arriva nel capo­luogo toscano, pesano costi stra­to­sfe­rici per la col­let­ti­vità. Anche senza con­si­de­rare il sotto-attraversamento, con annessa una nuova, grande sta­zione sot­ter­ra­nea a soli due chi­lo­me­tri dalla cen­trale Santa Maria Novella, la tratta appen­ni­nica di 78,5 chi­lo­me­tri è costata la cifra record di 96,4 milioni al chi­lo­me­tro. Una somma enorme, cui dovrebbe aggiun­gersi almeno un altro miliardo e mezzo per il pas­sante fio­ren­tino. Di più: le inda­gini della magi­stra­tura, e il pro­cesso per le deva­sta­zioni ambien­tali in Mugello che si è appena (ri)concluso in corte d’appello dopo che la Cas­sa­zione ha fis­sato alcuni impor­tanti punti fermi, hanno sco­per­chiato un vaso di pan­dora da cui è uscito l’intero codice penale o quasi. Tanto da aver bloc­cato, da più di un anno, i lavori del pas­sante sotterraneo.

In que­sto con­te­sto, tanto dram­ma­tico quanto abi­tuale per gli stu­diosi delle pato­lo­gie inva­ria­bil­mente con­nesse alle grandi opere ita­liane, il giu­di­zio di Alberto Asor Rosa è ful­mi­nante: “Se que­sti for­mi­da­bili errori non fos­sero com­messi per motivi di inte­resse eco­no­mico, non smet­te­reb­bero certo di essere di una gra­vità ecce­zio­nale. Se die­tro non ci fosse la cor­ru­zione, anche se fos­sero fon­dati solo su un ragio­na­mento sba­gliato dal punto di vista tec­nico, vor­rebbe dire comun­que che il cer­vello delle nostre classi diri­genti è finito in pappa”.

Anche Asor Rosa, che pre­siede la Rete dei comi­tati per la difesa del ter­ri­to­rio, ha fatto sen­tire la sua voce alla sala delle ex Leo­pol­dine in piazza Tasso. Insieme a quelle di Maria­rita Signo­rini di Ita­lia Nostra, Fau­sto Fer­ruzza di Legam­biente, e ad inge­gneri, urba­ni­sti, archi­tetti e geo­logi (Alberto Ziparo, Mas­simo Perini, Gior­gio Piz­ziolo, Vin­cenzo Abruzzo, Roberto Budini Gat­tai, Alberto Magna­ghi, Mauro Chessa, Teresa Cre­spel­lani, Enrico Becat­tini, Man­lio Mar­chetta e Ales­san­dro Jaff). Del resto fra gli orga­niz­za­tori della gior­nata c’era anche il “Lapei”, il Labo­ra­to­rio di pro­get­ta­zione eco­lo­gica degli inse­dia­menti, nato sotto l’egida dell’ateneo fio­ren­tino. Men­tre, sull’altro piatto della bilan­cia, a dare for­fait non è stato il solo Nar­della: il neo vice­mi­ni­stro Ric­cardo Nen­cini, mugel­lano, ha girato alla larga da piazza Tasso, così come Con­fin­du­stria, Con­far­ti­gia­nato, e gli stessi sin­da­cati confederali.

Sul punto, a nome del comi­tato No tun­nel Tav, l’ex fer­ro­viere Tiziano Car­dosi non ha nasco­sto l’amarezza: “Qual­cuno ci ha detto che aveva altri impe­gni. Qual­cun altro ha ammesso che non se la sen­tiva di rom­pere certi equi­li­bri. Ma se certi ragio­na­menti arri­vano anche dalle asso­cia­zioni di cate­go­ria, vuol dire che ad essere ‘malato’ c’è qual­cosa di più pro­fondo della sem­plice dina­mica partitico-politica”. Quest’ultima resta comun­que il fat­tore deci­sivo: “Abbiamo un nuovo pre­si­dente del con­si­glio che vuole agire con la spen­ding review per recu­pe­rare gli spre­chi di denaro pub­blico — osserva Ornella De Zordo — sce­gliere l’opzione del pas­sag­gio in super­fi­cie, in una città che lui cono­sce bene, sarebbe un’ottima occa­sione per pas­sare dalle tante parole ai fatti”. Con­ferma Asor Rosa: “Se Renzi volesse, nella sua posi­zione avrebbe la pos­si­bi­lità di eser­ci­tare una fun­zione molto rile­vante”. Se.