Isola d’Elba: affari alla Punta della Polveraia?

il piano della difesa per il faro di Patresi

di Riccardo Chiari, il manifesto, 13 agosto.
Nel mare sottostante, all’estremità nord-occidentale dell’Isola d’Elba, ci passano anche le balene. Siamo nel cuore del Santuario dei mammiferi marini Pelagos, area naturale protetta di interesse internazionale, e anche la terraferma che circonda Punta della Polveraia fa parte del Parco dell’Arcipelago toscano. Un piccolo angolo di paradiso, dominato da quello che per gli elbani è un simbolo, il Faro di Patresi. Diventato ora un casus belli fra associazioni ambientaliste e comunità locale da lato, e una società privata che vuole trasformare la struttura ex militare in un albergo di lusso, con piscina, ristorante e lounge bar. Un «eco-mostriciattolo», così come Legambiente e Italia Nostra hanno ribattezzato il progetto di trasformazione del faro.
Principale responsabile  dello stato delle cose è Difesa Servizi spa, la società in house del ministero della Difesa, che nel giugno dello scorso anno ha avviato le procedure per l’affidamento in concessione di alcuni fari della Marina Militare. Tra questi c’è appunto anche quello di Punta Polveraia, a Patresi, nel territorio comunale di Marciana.
Il disciplinare di gara prescriveva che le offerte dovevano prevedere «un intervento di elevato valore culturale legato, ad esempio, alla ricerca scientifica e/o ambientale e/o alla didattica, soprattutto in relazione al contesto storico, militare e paesaggistico, nonché una gestione privatistica che garantisca la fruibilità e l’accessibilità del faro e delle aree esterne di pertinenza: permanente o temporanea, in determinati periodi o fasce orarie, in occasione di eventi o attività culturali, ricreative, sportive, sociali e di scoperta del territorio che tengano conto del contesto e dei fabbisogni locali».
A conti fatti invece, denunciano le combattive sezioni di Legambiente e Italia Nostra dell’Arcipelago toscano, è stato premiato un intervento a forte impatto ambientale e paesaggistico: «Si è preferito un progetto che prevede nel Faro un esercizio ricettivo/ristorativo e una sostanziale privatizzazione della struttura. Per un pugno di euro in più le tematiche ambientali, sociali, paesaggistiche e storiche di un luogo unico sono passate in secondo piano».
Di fronte alle puntuali osservazioni ambientaliste, la reazione della società vincitrice del bando, la Alfa Promoter srl, non si è fatta attendere: «La gara per il faro di Punta Polveraia è stata vinta da un’associazione di imprese elbane e livornesi, il cui obiettivo dichiarato è quello di far sì che anche il faro di Patresi diventi un posto magico, suscettibile di creare valore indotto all’intero territorio elbano». A seguire una puntualizzazione urbanistica. «Il progetto della associazione vincitrice del bando di gara ha dichiaratamente ricalcato quello del Faro di Capo Spartivento, considerato un’eccellenza a livello mondiale e premiato dai vertici della Marina Militare». Infine un’osservazione velenosa, con un’allusione a un possibile contatto tra le associazioni ambientaliste e la società arrivata seconda alla gara.
Va da sé che Legambiente e Italia Nostra hanno rinviato le accuse al mittente: «Abbiamo solo dato un giudizio dal punto di vista ambientale e paesaggistico dell’insostenibile progetto presentato, che ora ci si dice copiato da uno presentato in Sardegna. Come se questo consentisse di trasformare il Faro di Patresi in un eco mostriciattolo». Poi, nello specifico: «Quello di cui siamo sicuri è che quanto proposto per trasformare il Faro di Punta Polveraia in qualcos’altro è in contrasto con gli strumenti urbanistici del Comune di Marciana, col piano del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano, con i vincoli paesaggistici ricadenti sull’area, con il piano paesaggistico della Regione Toscana, e non si capisce come sia stato possibile che tutto questo sia stato ignorato».
A dar man forte agli ambientalisti è arrivata infine la comunità locale: «L’insieme sistematico di opere e interventi edilizi proposte – ha denunciato l’associazione Amici di Patresi e Colle d’Orano – sono univocamente preordinate alla formazione di una struttura solo evocativamente riconducibile alla struttura esistente, e sono manifestamente distanti rispetto ad una soluzione di minore impatto. Si tratta viceversa di una soluzione fortemente impattante, concepita per massimizzare le potenzialità di fruizione unicamente in chiave turistica». La partita resta aperta, ma il territorio ha già dato il suo giudizio. Negativo.

Ecomostri all’Isola d’Elba: «è l’abbaglio economico del PD. Ma gli elbani ora hanno capito».


intervista a Umberto Mazzantini

Padre nobile dell’ambientalismo elbano, Umberto Mazzantini va subito al cuore del problema: «Questa storia del Faro di Patresi mi fa pensare che il nostro Stato continua a non aver coscienza della storia, oltre che della natura. Non ho preclusioni, ricchezze del genere possono essere gestite anche insieme ai privati, come sta facendo il governo di sinistra in Portogallo. Ma con paletti ben precisi, ad esempio senza toccarne la struttura, riportandola alle sue origini, al suo splendore. Se poi si pensa che lì sotto passano le balene, questo mi fa arrabbiare ancora di più».

Legambiente e Italia Nostra hanno definito il progetto come un eco-mostriciattolo. Concorda?

Mi torna come definizione. Prima di tutto perché prevede lo sbancamento del terreno, con una piscina che va a finire direttamente nel territorio del parco. In aggiunta il progetto, almeno nei rendering presentati al ministero della Difesa, contempla una completa trasformazione del profilo del faro. Mi sembra il minimo definirlo eco-mostriciattolo.

Contro il progetto hanno preso posizione anche le comunità locali; è un bel passo avanti rispetto a un passato anche recente, non le sembra?

Non succede sempre, ma almeno all’Elba sta accadendo sempre più spesso. L’associazione Amici di Patresi e Colle d’Orano è poi molto trasversale, ne fanno parte residenti dell’isola e vacanzieri, commercianti e albergatori. Dunque è un bene che si siano fatti sentire, con forza, verso l’amministrazione comunale. Del resto è successa la stessa cosa a Marciana Marina con la questione del nuovo porto: noi l’abbiamo definito senza mezzi termini un ecomostro, e poi è nato un comitato autonomo di cittadini che ha sfidato il vecchio sindaco alle elezioni. Vincendole, con una lista chiamata da tutti «anti-porto».

C’è una morale?
Sì, in questi ultimi trent’anni gli elbani hanno capito, poco a poco, che la coscienza ambientale è importante. Inoltre, in questa specifica vicenda, c’è da considerare un aspetto altrettanto importante: il Faro di Patresi è uno dei simboli dell’isola e in particolare di tutti i residenti nel comprensorio di Marciana. Qui scattano altre dinamiche, di difesa di un patrimonio comune, anche storico oltre che ambientale.

E il ruolo delle amministrazioni pubbliche locali?
Purtroppo abbiamo spesso a che fare con una imprenditoria abbastanza spregiudicata, che cerca di forzare la mano. Però oggi all’Elba si discute di ambiente, nei bar, al mercato, nelle piazze. E le amministrazioni locali, pure di centrodestra in sette casi su otto, se ne sono accorte e cercano il confronto. Si tratta di una svolta che solo pochi anni fa sembrava impensabile.

Una vittoria di civiltà anche per le associazioni ambientaliste?
Certo, aiutata anche dal fatto che verso di noi, che eravamo piuttosto aggressivi, prima le amministrazioni andavano allo scontro diretto. E si facevano male. Alla fine l’hanno capita. Aiutate anche dai loro concittadini, che non li votavano più di fronte a progetti urbanistici davvero discutibili. Ora poi c’è stata anche la rinascita di Italia Nostra sull’isola, e questo è un aiuto ulteriore.

A proposito di progetti invasivi, nella vicina Val di Cornia, al di là del braccio di mare che separa l’Elba dalla terraferma, continuano ad essere molto gettonati. Le ultime notizie raccontano un rinnovato “dinamismo” del cemento, come se il turismo potesse sostituire l’industria…
Se pensano ai modelli degli anni ’60, ’70, e ’80, sbagliano di grosso. Un abbaglio economico, prima ancora che ambientale. Purtroppo all’interno del Pd c’è una deriva che va in questo senso, avvertibile anche nelle politiche ambientali regionali. La Toscana una volta era al vertice, ora non lo è più. Anzi sta finendo in coda.