due articoli su geotermia e monte Amiata

tubiil manifesto, 17 agosto.

Riccardo Chiari: Tra liberalizzazioni e incentivi, trivella selvaggia sotto l’Amiata

Ora hanno preso posizione anche i produttori del Morellino di Scansano, del Docg Montecucco, del Bianco di Pitigliano, della Dop dell’olivastra seggianese. Con loro ambientalisti di ogni ordine e grado, allarmatissimi di fronte al pericolo di veder trivellata l’area di Montecastelli Pisano dove c’è l’incantevole Masso delle Fanciulle, nella riserva naturale della Foresta di Berignone. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal primo storico distretto geotermico dell’alta Val di Cecina, con gli insediamenti industriali di Pomarance, Larderello e Castelnuovo.  L’avvio dello sfruttamento di quella che, nel senso comune, è una forma di energia pulita e rinnovabile.
Una ricchezza per la collettività. E soprattutto per chi – Enel in testa – ne ricava energia.

Ma è davvero così? Per certo lo sviluppo dello sfruttamento geotermico in Toscana è cresciuto esponenzialmente. Sono stati rilasciati numerosi permessi di ricerca geotermica, e di costruzione di centrali pilota, in un territorio che dall’alta Val di Cecina si è allargato a dismisura, e che oggi va dal Monte Amiata alla Maremma, passando per le Colline dell’Albegna. Da Arcidosso a Castel del Piano, da Abbadia San Salvatore a Piancastagnaio, fino ad arrivare a Civitella Paganico, Manciano, Sorano, Roccalbegna, Orbetello, Scansano e Magliano, sono più di venti i comuni che si sono trovati coinvolti nella “caccia alla geotermia” da parte di aziende private. Spinte a fare ricerche con la liberalizzazione del settore, e grazie a una pioggia di incentivi pubblici.

A buttare il carico da undici è stato, al solito, Matteo Renzi, che ha rilanciato l’obiettivo del raddoppio della produzione geotermica in Toscana. L’ente Regione si sta adeguando. Ma decine di comitati locali, molti imprenditori agricoli e anche (a mezza bocca) qualche amministrazione hanno alzato la voce, contro quel distretto geotermico che, un pezzetto alla volta, sta prendendo forma.

Ad esempio, nella zona docg del Morellino di Scansano sono arrivate ben 5 aziende che hanno chiesto permessi di ricerca. A tappeto, sull’intero territorio comunale. Inevitabile la costituzione del Comitato Scansano Sos Geotermia, che ha incontrato il capogruppo regionale del Pd, Leonardo Marras. Con il portavoce del comitato Matteo Ceriola, all’incontro c’erano anche imprenditori come Florio Terenzi, Roberto Bossi e Fiorella Ciminaghi. Pronti a denunciare la pericolosità del progetto di un polo industriale geotermico, in una zona vocata all’agroalimentare di qualità e al turismo ambientale.

A riprova, è stato sottolineato come negli ultimi anni nell’Amiata grossetana siano arrivate decine di milioni di fondi pubblici, da sommare agli investimenti privati. Finanziamenti destinati allo sviluppo del settore agroalimentare in un comprensorio che, evidentemente, è ritenuto dall’Ue votato alla produzione vitivinicola e alimentare di qualità. Attività in solare contrasto con l’impetuoso sviluppo geotermico in atto.

Le risposte di Marras («Ci ha illustrato l’impegno della Regione – ha spiegato Ceriola – per il coinvolgimento alla copianificazione delle amministrazioni comunali, e una zonizzazione delle aree per individuare quelle non idonee alla costruzione di centrali, citando le zone dop e docg») non hanno però convinto. Tanto da far chiedere esplicitamente il principio di precauzione, nel caso di richieste di permessi di «ricerca profonda».

La preoccupazione non è campata in aria. Gli attivisti di Sos Geotermia, in prima linea sul fronte dei critici, hanno civilmente polemizzato con il geologo Mario Tozzi, sostenitore della geotermia. «Quella che si è andata sviluppando in Amiata – denuncia Sos Geotermia- è probabilmente la più sporca a livello planetario, a causa della peculiarità del sottosuolo. Dalle analisi dell’Arpat emerge che la quantità di sostanze climalteranti che fuoriescono, dall’anidride carbonica al metano, sono anche superiori a quelle di centrali a petrolio o a gas di eguale potenza. La rinnovabilità poi è legata alla possibilità di spingere sempre più in basso le perforazioni alla ricerca di nuovi campi. Sono quelli più ricchi di inquinanti, man mano che i bacini superficiali si esauriscono».

 

Aldo Carra: Il bicchiere mezzo vuoto della geotermia

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Il rapporto tra politiche energetiche e politiche del territorio è un tema cruciale per la politica e per lo sviluppo e la Toscana una sede importante di sperimentazione. Da appena due anni i “paesaggi vitivinicoli” delle Langhe del Piemonte sono entrati nella lista Unesco dei siti patrimonio dell’umanità, ma quelli della Maremma toscana rischiano di essere esclusi prima di essere presi in considerazione.

Qui, infatti, in aree che hanno fatto della bellezza della natura e del paesaggio una leva di sviluppo, si sta cercando di realizzare un sempre più ampio “distretto geotermico” che potrebbe modificarne l’aspetto e che sta provocando la nascita di Comitati «Si Morellino, No geotermico».

Questi territori hanno caratteristiche geologiche e naturali, in termini di risorse minerarie e termali che sono state, ed in parte ancora sono, fonte di benessere economico e di ricchezza. La loro storia è fortemente intrecciata con quella delle miniere ed è parte importante della storia industriale del nostro paese. Ad essa sono legati fenomeni migratori interni di minatori che scendevano dalle montagne e che dopo la chiusura delle miniere hanno dovuto, a loro volta, migrare verso il nord del paese in cerca di un futuro che non c’era più. Ha un grande valore simbolico il fatto che nella miniera di Baccinello, proprio quando essa si avviava alla chiusura, siano stati trovati i resti dell’ominide, scimmia antropomorfa della specie Oreopithecus bambolii. Quasi a ricordare che si spezzava un filo tra passato millenario dell’uomo che aveva abitato queste terre e futuro che spingeva a nuove migrazioni.

Ma le risorse del sottosuolo non sono le sole di questi territori e al declino della vecchia fase industriale le comunità locali hanno saputo reagire costruendo i germi di una nuova economia e utilizzando altre importanti risorse di cui sono dotati questi territori – clima, natura, paesaggio – risorse che già in passato avevano contrassegnato le fasi di sviluppo altalenante di queste comunità. Si pensi che alla fine del 18° secolo fu addirittura regolamentato un fenomeno originale chiamato “estatatura” perché non solo persone, ma anche uffici pubblici del capoluogo Grosseto si trasferivano in estate a Scansano ed altre zone interne per sfuggire alla malaria ed al clima delle zone marine paludose.

Insomma la vita di questi territori nel corso del tempo è stata contrassegnata da alti e bassi, si è snodata in parallelo con quella economica dell’intero paese e, negli ultimi decenni, essi hanno saputo trovare la bussola per attivare un nuovo modello di sviluppo: il territorio ha accentuato la sua vocazione turistica, si sono sviluppate strutture ricettive diffuse e di piccole dimensioni, l’agricoltura ha saputo resistere alle spinte di un mercato difficile, la vocazione vinicola ha saputo consolidarsi e affermarsi. E il Morellino è oggi conosciuto in tutto il mondo.

In questo processo storico il paesaggio è stato l’infrastruttura primaria sulla quale la nuova economia è cresciuta e vive. La trasformazione di questi territori in un distretto geotermico è compatibile con questo tipo di sviluppo e con le caratteristiche dei luoghi?

Il geotermico è considerata un’energia rinnovabile che sfrutta il calore proveniente dalle profondità terrestri portando in superficie il vapore per generare energia. Ma la sua utilizzazione può variare da quella per uso domestico (proprio a Grosseto è stato di recente costruito un fabbricato residenziale autosufficiente) fino a quella industriale con centrali a forte impatto paesaggistico e ambientale (come quelle di S.Fiora sull’Amiata) che suscitano allarme per la salute e proteste. Sono allo studio adesso centrali che re immettono nel sottosuolo i vapori utilizzati, riducendo così l’impatto esterno nell’aria, ma i pareri sulle implicazioni di queste modalità di produzione sono contrastanti sia per quanto riguarda l’emissione di sostanze nocive e conseguenti malattie, sia per le conseguenze sulla staticità dei terreni ed eventuali scosse.

Comunque, anche scartando conseguenze sull’aria, sulle falde acquifere, sulla stabilità geologica e sulla salute (i pochi dati dell’Amiata mostrerebbero comunque tassi di mortalità superiore del 13% rispetto a quelli dei territori più distanti dalle centrali) non ci sono dubbi su un fatto: gli impianti di produzione geotermica industriale sono di per sé manufatti di notevoli dimensioni, che emettono nell’aria sostanze residue e che impattano pesantemente sul paesaggio. Tanto che il sindaco di un comune contiguo ha dichiarato la sua contrarietà precisando che il suo era un «no politico» perché, a prescindere dagli aspetti tecnici, il suo territorio ha portato avanti una politica di sviluppo legata alla valorizzazione dell’ambiente, del paesaggio, dell’agri coltura, dell’enogastronomia, del turismo, del suo patrimonio storico, culturale ed archeologico, ed anche perché tali interventi sono stati in gran parte realizzati attraverso stormenti finanziari pubblici, di provenienza europea, nazionale e regionale.

Parole sante, verrebbe da dire, ma che non tutti pronunciano perché la legge non dà voce in capitolo ai comuni su queste scelte e perché quelli che accettano il geotermico ricevono benefici economici con i quali possono compensare i tagli che lo stesso governo fa. Qui sta un problema, politico nel senso nobile della parola, che sarebbe il caso di sviscerare: scelte così importanti per la vita attuale e futura di un territorio possono essere sottratte al potere decisionale dei territori? Si può sollecitare l’interesse emergenziale immediato a risanare i bilanci vanificando politiche fatte nel passato con finanziamenti pubblici ed europei? Si può fare tutto questo trascurando il valore del paesaggio fondamentale per un paese come il nostro?

Pochi giorni fa il parlamento ha approvato la decisione di produrre ad ottobre un nuovo documento di bilancio che non farà riferimento solo al Pil, ma anche agli Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Bes) e le Camere voteranno una risoluzione su ambiente, trasporti, servizi… Si tratta di una svolta importante perché le politiche pubbliche dovranno cominciare a misurarsi con obiettivi più precisi rispetto al generico Pil. Il paesaggio è uno dei più importanti aspetti del Benessere Equo e Sostenibile. Perseguire a livello nazionale una politica di tutela e di valorizzazione per fame una leva di sviluppo sostenibile non può ridursi a vuote parole da scrivere nel documento di programmazione se poi, a livello territoriale, si impongono politiche che vanno in direzione opposta.

Si rischia, così, di fare una politica in cui parole e fatti non si incontrano e i cittadini si allontanano danneggiando anche il paesaggio democratico che è altrettanto prezioso di quello naturale.