Lasciateci lavorare, che siamo noi i veri difensori del paesaggio!

1280022-cosimi_foto_noviCosì il Sindaco di Livorno, presidente dell’ANCI toscana.

Di Paolo Baldeschi, 24/6/2013

Due documenti complementari e organici a un unico pensiero. Il primo è il documento dell’assemblea dei Comuni Toscani (ANCI sulla Legge 1/05) del 7 marzo 2013, fortemente critico rispetto alla bozza di revisione della legge vigente di governo del territorio (LR/ 1/2005). Il secondo è una lettera inviata l’11 giugno al Corriere fiorentino dal presidente dell’Anci Toscana Alessandro Cosimi, Sindaco di Livorno. Partiamo da questa: Cosimi nega che gli oneri di urbanizzazione derivanti dall’uso e (abuso) edilizio abbiano arricchito i Comuni. E aggiunge: “ampliando il discorso oltre la questione degli oneri di urbanizzazione, si fa un gran parlare di sindaci subalterni alla cultura del mattone. Come prima cosa mi chiedo: al di là del clamore mediatico e di una serie di denunce peraltro ancora tutte da dimostrare, dove sono gli episodi veri? Quali le grandi «ruberie» di cui i sindaci toscani si sarebbero resi protagonisti? È arrivato il momento anche di dire basta all’idea che i Comuni vogliano distruggere il paesaggio. Che interesse avrebbero i sindaci a rovinare il paesaggio in cui vivono e che amministrano con tanta passione e spesso rimettendoci del loro? Chi meglio di chi sta su un territorio può sapere ciò di cui quel territorio ha bisogno e può avere un maggiore interesse a tutelarlo?”

Si potrebbe replicare che arrivato il momento non di dire basta all’idea che “i sindaci vogliano distruggere il paesaggio”, ma al fatto che gli amministratori locali lo distruggano nelle loro politiche reali e che le malefatte di Campi Bisenzio, Casole d’Elsa, Montespertoli, Lucca, tanto per citarne alcune, sono tutt’altro che da dimostrare. Ma non è questo il punto. Nessuno pensa che i sindaci si arricchiscano in proprio con gli oneri di urbanizzazione: la corruzione, quando c’è (e c’è), segue ben altre strade. Ma negare un falso problema (il presunto arricchimento dei sindaci) serve per introdurre retoricamente l’argomento principale. “Che interesse avrebbero i sindaci a rovinare il paesaggio? Nessuno!” E poiché non hanno alcun interesse ne segue che non lo rovinano, anzi ci rimettono di tasca loro (come, non si dice). Il difetto di questa retorica è che si basa su assunti auto dichiarati come veri e non sulla realtà. La realtà dice che  molti Comuni toscani anche negli ultimi anni hanno incoraggiato il consumo di suolo e, soprattutto di ‘paesaggio’ e solo ora quando il mercato non tira assumono atteggiamenti virtuosi. Che hanno diffusamente autorizzato nuove espansioni, (vedi ad esempio, la costa, da Follonica a San Vincenzo, a Castiglion della Pescaia, a Campiglia Marittima, situazioni che il presidente dell’Anci dovrebbe conoscere); che hanno una cultura subalterna al capitalismo del mattone, o, meglio, del cemento, considerato come fattore principe di sviluppo; che la maggior parte dei degli enti locali ha consumato nel loro primo Regolamento Urbanistico le previsioni che nei Piani Strutturali avrebbero dovuto soddisfare un fabbisogno pluridecennale (e ora si trovano con le case invendute). Ma il punto d’arrivo, l’obiettivo finale, è un altro: è il non cambiamento, è la difesa della attuale situazione normativa in cui i Comuni fanno e disfanno il territorio a loro piacimento (o ‘lo manipolano’, come dice Cosimi a proposito del paesaggio). A sostegno, secondo il Sindaco di Livorno “una norma costituzionale, ulteriormente rafforzata con il vigente Titolo V che ha posto sullo stesso piano gli enti della Repubblica: lo Stato, le Regioni, i Comuni”. E qui si tratta di un vero e proprio travisamento giuridico, dal momento che illustri costituzionalisti hanno ampiamente argomentato che altra cosa è un disegno che assegni a ciascun ente livelli politici complementari e relative autonomie, altra cosa pretendere (su una linea perseguita dalla sola Toscana) che la riforma del titolo V significhi una totale equipollenza amministrativa di Regione, Province Comuni.

Ma questo, si è detto, è il vero e proprio obiettivo: lasciateci lavorare, non ci siamo personalmente arricchiti (ci mancherebbe altro). Ed è – leggendo il documento del 7 marzo – ” il primo punto, per Anci ed UNCEM non negoziabile: nella nuova legge deve essere confermato l’attuale assetto dei rapporti tra gli enti territoriali, Comuni, Province, Regione. Ruoli, responsabilità, competenze ed interrelazioni devono restare immutati, sia formalmente che (soprattutto) sostanzialmente” e “a tal proposito non appare né condivisibile né opportuna l’introduzione del controllo di legittimità sulla pianificazione comunale previsto (dalla legge di governo del territorio rivista)”. Invece di assumere un atteggiamento costruttivo e di leale collaborazione, basato su dati ed esperienze reali si è preferito, in entrambi i documenti, negare l’evidenza Il tutto scritto in un linguaggio penosamente infarcito di luoghi comuni e di frasi fatte. A dimostrare che il dramma della politica toscana e italiana è anche culturale.