La società civile si rappresenta da sola

L’articolo di Alberto Asor Rosa sul Manifesto di sabato 26 gennaio introduce i temi che saranno discussi nell’assemblea della Rete dei Comitati convocata per il 3 febbraio a Firenze (alle ore 10 sala Stensen, viale don Minzoni, 25/g).

Trovo singolare che mentre se ne parla, o ci si litiga, e talvolta ci si accapiglia, intorno al ruolo che i movimenti dovrebbero assumere nel contesto politico generale, da quando è cominciata la campagna elettorale (spesso bagarre) nazionale i movimenti sembrano scomparsi di scena, quasi non esistessero più o addirittura non fossero mai esistiti. Talvolta mi sorge il dubbio che più se ne parla e meno li si conosca, e ancora meno li si pratichi. Proverò a dimostrare che è vero il contrario (tornando in conclusione su alcune questioni di ordine più generale). La Rete dei Comitati per la difesa del territorio, florida ormai da diversi anni in Toscana ma con propaggini in Liguria, Emilia, Veneto, Marche, ha indetto per il 3 febbraio, a Firenze, una grande assemblea.

L’iniziativa (alle ore 10 sala Stensen, viale don Minzoni, 25/g), si propone di discutere un ampio e complesso documento chiamato la “Piattaforma Toscana”. Che rappresenta l’acme (provvisorio, s’intende) di un lavoro che dura da anni. Si tratta del tentativo di esplorare in tutti i loro aspetti e forme i problemi del territorio, dell’ambiente, del paesaggio, in una regione da più punti significativa come la Toscana. Nasce dall’azione unita e convergente dei Comitati, una galassia ormai dislocata sull’intero territorio toscano, e di gruppi intellettuali e professionali di alto livello, i quali prestano al movimento le loro competenze per fare di una miriade di casi locali una strategia complessiva, che renda ognuno di quelli più significativo ed efficace: è quello che io da tempo chiamo neoambientalismo.

Si tratta per ora di un tentativo inedito e precorritore a livello nazionale. Come mai? La Toscana, nella nostra prospettiva, rappresenta un vero laboratorio, che appunto può assurgere a una significazione nazionale. Essa non è crollata, come, ahimè, è avvenuto in altri casi, sotto il peso della speculazione, della corruzione, e del conflitto di interessi. Ma ha un buon numero di bubboni da estirpare, e soprattutto non ha imboccato ancora, con totale e irreversibile decisione, la strada di un ambientalismo privo di remore e di inverosimili complessi di colpa (come spesso ai politici lì e altrove capita). I casi dell’Amiata (geotermia gestita nella disinvolta assenza di corretti criteri tecnico-scientifici né rispetto per la salute dei cittadini), della Apuane (la distruzione vera e propria per fini speculativi di un territorio preziosissimo), del sottoattraversamento ferroviario di Firenze (inutile, costosissimo, catastrofico dal punto di vista ambientale, sostituibile facilmente con soluzioni di superficie), per la vera e propria distruzione, passata e presente, della Piana (la quale invece, se positivamente recuperata, potrebbe diventare lo straordinario polmone verde di Firenze città metropolitana), ma soprattutto, io direi, il «normale», devastante consumo di suolo per la speculazione edilizia, che raggiunge i suoi vertici lungo le coste e nell’immediato entroterra (ma non solo), rappresentano alcuni dei tanti esempi possibili in questo senso.

L’interlocutore principale della Rete è per forza di cose la Regione. In Toscana vige, in conseguenza della legge regionale 1/2005, quello che è stato definito enfaticamente un «pluralismo istituzionale paritetico», consistente in buona sostanza nell’eliminazione di ogni rapporto gerarchico e nell’assoluta equipollenza degli enti locali (Comune, Provincia, Regione). E’ una stortura che va corretta, muovendosi nel senso di attribuire a «piani di area vasta» la responsabilità di determinare attraverso percorsi concordati il riordinamento degli strumenti urbanistici comunali. Abbastanza di recente la Regione ha promosso l’elaborazione di un piano paesaggistico regionale, affidata a qualificate élite universitarie: è una buona cosa, a patto che ne nasca un vero e proprio sistema di vincoli, e soprattutto che all’atto pratico lo si rispetti e gli si dia piena attuazione.

Ma soprattutto c’è da ridefinire il quadro complessivo del reticolo territoriale toscano, così complesso e ricco d’implicazioni, – città, paesi, campagne, mare, riviere, montagna, – al fine di andare incontro con una strategia complessiva alle esigenze insieme della conservazione e di un meditato sviluppo.

In un quadro nazionale, in cui il problema ambientale rimbalza da un capo all’altro della penisola (il caso Ilva ne rappresenta l’esempio più clamoroso, ma tutt’altro che unico) noi dimostriamo infatti con la “Piattaforma toscana” che, affrontandola per tempo, la questione ambientale può diventare persino un’occasione di difesa e incremento dell’occupazione. Per vecchi e non dismessi convincimenti gli operai c’interessano non meno dell’ambiente.

Ma diversamente dagli “sviluppisti” a tutti i costi, ciechi di fronte alla possibilità molto concreta che si vada insieme verso la catastrofe, pensiamo che sia possibile, ripeto: pensiamo che sia possibile arrivare a non contrapporre difesa e protezione dell’ambiente e difesa e protezione del lavoro: che esistano insomma concrete prospettive di farle muovere insieme verso il medesimo obiettivo.

Ora, penso che salti all’occhio che noi gettiamo tutto questo nel bel mezzo di una campagna politica elettorale nazionale. Ci siamo distratti? Siamo stati colti da un colpo di sonno mentre leggevamo le ultime notizie sulle ultime dichiarazioni di Pierferdinandocasini? Tutto il contrario: abbiamo scelto di farlo consapevolmente, per due motivi.

Innanzi tutto perché nel corso di questa campagna politica elettorale nazionale l’argomento di cui meno (o affatto) si discute è quello di cui vivono i Comitati, e di riflesso la Rete, e cioè, per l’appunto, l’ambiente, il territorio, il paesaggio, la salute, ecc. ecc.; e dunque in definitiva la possibilità-necessità di dar luogo, in Italia come altrove in Europa, a un nuovo modello di sviluppo fondato sulla riconversione ecologica dell’economia. Non potremo cambiare da Firenze, certo, il corso della storia, ma forse ha un senso che da Firenze ci si provi.

Il secondo motivo è di ordine più generale, e con questo mi ricollego alle prime affermazioni di questo articolo. Io non penso, – l’ho dichiarato in numerose occasioni, e soprattutto ho cercato di tenerlo presente nel mio ruolo (molto insoddisfacente, lo so) di militante-dirigente di un movimento ambientalista, – che i movimenti siano l’anticamera dell'”organizzazione politica”. I movimenti sono un’altra cosa. Bisogna accettare, – e soprattutto praticare, – il principio che fra le istituzioni e la politica esiste una “terza forza”, che non si identifica né con le une né con l’altra, ma rivendica pari dignità. Non esiste solo il voto a rappresentare la cittadinanza (anche se il voto è insostituibile): questa è la difficile soglia, oltrepassata la quale comincia il dialogo. Estremizzando: la società civile, oltre e più che farsi rappresentare dalla politica, si rappresenta da sé. Più cresce la forza della “terza forza”, più le istituzioni e la politica sono costrette a tenerne conto (se non ne tengono conto, vanno in malora). Per ora, questa è la fase. E’ bello che questo esperimento venga tentato in Toscana.

La strana coppia

settis

Salvatore Settis e Carlo Petrini a “Che tempo che fa”, domenica 20 gennaio.

Ascoltiamoli.

Agricoltura e paesaggio: due temi che sono al centro della Piattaforma della ReTe. E anche beni comuni, Costituzione, tutela del territorio. Ne parlano due personaggi molto diversi, ma in perfetta sintonia.

Il doppio tunnel av sotto firenze

Dossier Tav a Firenze

Ecco perché non potevano non sapere. I numeri e le parole di uno scandalo annunciato

Newsletter Speciale perUnaltracittà

Cari/e amici/e,
abbiamo cominciato a occuparci del tunnel Tav sotto Firenze e della annessa stazione sotterranea a partire dal 2005 e da allora molte sono state le considerazioni critiche rivolte a un progetto già allora vecchio, impattante e dispendiosissimo (di fondi pubblici). Nel corso degli anni le cose sono peggiorate ma i nostri approfondimenti sono aumentati anche grazie agli esperti indipendenti e agli attivisti del Comitato No Tunnel Tav di Firenze con cui abbiamo costantemente lavorato.
Oggi, alla luce di quanto sta facendo emergere l’indagine della Magistratura che conferma i nostri dubbi e sostanzia le nostre obiezioni, sentiamo i vertici dei governi locali esprimere la loro sorpresa e affermare di aver fato il loro dovere. Davvero hanno fatto i dovuti controlli? Davvero non immaginavano che qualcosa non andava? Eppure c’era chi i dubbi li aveva sollevati e le domande le aveva rivolte. A parziale riprova di questo vi presentiamo le uscite che, solo negli ultimi 3 anni, cioè nel corso della gestione Renzi, la lista di cittadinanza perUnaltracittà ha fatto in Consiglio comunale. Qualche dubbio avrebbero dovuto averlo! Qualche approfondimento avrebbero dovuto farlo!
Vi invitiamo infine a partecipare al presidio per chiedere il blocco del progetto organizzato dal Comitato per domani, giovedì 24 gennaio, dalle 17 alle 19, sotto le sedi di Regione, Provincia e Prefettura in via Cavour a Firenze.
Buona lettura.

Mele marce

Scandalo TAV di Firenze

Non ci sono solo mele marce, ma è un sistema che è malato.

Un comunicato del Comitato No Tunnel TAV di Firenze

Non si è ancora spenta l’eco dell’annuncio di indagini da parte della Magistratura fiorentina sul progetto TAV che già sono iniziate le manovre per minimizzare e ridurre l’importanza di quanto emerso.

In prima fila, naturalmente il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, ma anche quello della Provincia di Firenze Barducci, che vogliono far apparire quanto accaduto come il frutto di singole e isolate “mele marce”. In realtà il quadro che esce dall’ordinanza della Magistratura è un “sistema marcio”, da figure del Ministero (come Ercole Incalza) fino a gestori dei cantieri passando per tutte le imprese e amministrazioni implicate nella realizzazione del Passante TAV.
Il Comitato No Tunnel TAV non invoca provvedimenti giustizialisti che non appartengono alla sua cultura, ma ringrazia la Magistratura che ha dato una rappresentazione chiara di come vengono gestite le opere pubbliche in Italia, di come la cittadinanza è vista solo come un fastidio cui dare in pasto chiacchiere e bugie per far tacere le voci critiche, della spregiudicatezza con cui si distribuiscono favori e prebende tra amici, di come si voglia finanziare un sistema di imprese decotte, improduttive e indebitate senza preoccuparsi di favorire infiltrazioni mafiose, senza farsi scrupoli nei “magheggi” che avrebbero compromesso la sicurezza dell’opera stessa (a questo proposito segnaliamo che nel caso dell’incendio del tunnel del Monte Bianco, richiamato dai magistrati, si ebbe solo il crollo della volta in cemento in quanto l’opera attraversa rocce granitiche, nel caso di Firenze se collassasse una galleria si avrebbe il cedimento del terreno in superficie con esiti immaginabili per gli edifici sovrastanti).
Sono poco credibili le posizioni delle FS che si dichiarano “parte lesa” in questa vicenda: è la dirigenza dai massimi livelli delle controllate RFI (Rete Ferroviaria Italiana) e Italferr ad essere coinvolta in questa vicenda; è davvero poco credibile che l’Amministratore Delegato Mauro Moretti cada dalle nuvole davanti alle condizioni in cui versa la sua azienda.
Il Passante AV di Firenze è un’opera totalmente inutile e lo dimostra il fatto che i treni veloci passano da Firenze senza alcun problema; la difesa appassionata che ne fanno ancora Rossi e Barducci è davvero patetica: parlare dei tunnel come “opera di vitale importanza” mentre il sistema dei trasporti regionali sta collassando sotto gli occhi di tutti è semplicemente ridicolo. Invocare la ripresa dei lavori mentre tutto sta sprofondando nei fanghi dello scavo e nel fango di un sistema corrotto è surreale, denota solo la disperazione di un sistema politico-economico che teme gli venga sottratto un boccone succulento.
Non ne escono certamente bene gli amministratori del Valdarno, in particolare il Sindaco di Cavriglia Ivano Ferri, che si arrampica sugli specchi e invoca ancora le terre di Firenze per realizzare le “colline schermo” a Santa Barbara; queste, nel migliore dei casi, saranno ammassi di terre contaminate, intrise di calce per stare insieme.
La Giunta del Comune di Firenze e il Sindaco Matteo Renzi escono da questa vicenda con la dimostrazione che non hanno controllato nulla di quanto promesso e soprattutto che hanno mentito ai genitori della scuola Rosai rassicurandoli falsamente. Nessuno dimentica l’allora assessora alla scuola Anna Maria Di Giorgi stigmatizzare i genitori preoccupati come visionari e scocciatori.
Il quadro che esce dall’ordinanza della Magistratura imporrebbe, in un paese normale, che i principali responsabili, da FS alla Regione Toscana fino ai vari Comuni, dessero le dimissioni e si ritirassero a vita privata.
Il Comitato si augura che siano molti i gruppi politici nelle istituzioni toscane che si facciano carico di chiedere con decisione lo stop immediato dei lavori (che ai Macelli stanno proseguendo) e prendano le distanze dei responsabili di questa vergogna.
In questa prospettiva il Comitato No Tunnel TAV invita la cittadinanza a partecipare al convegno, promosso tra gli altri dal Comitato “San Salvi chi può”, che si terrà nella sala ARCI di piazza dei Ciompi 11 alle ore 16,30 di martedì 22 gennaio dove si parlerà di “Sanità e project financing”, un altro capitolo della devastazione politica, economica e sociale derivato direttamente dal “modello TAV” e ormai dilagante nella nostra regione, come ci ricorda lo scandalo dell’ASL di Massa.

Comitato No Tunnel TAV Firenze