Autostrada Tirrenica

La Regione sceglie il tracciato blu.

La Giunta regionale toscana ha approvato oggi pomeriggio la delibera con la quale esprime la sua preferenza sulla proposta di corridoio relativo al tratto dell’autostrada tirrenica compreso tra Fonteblanda e Ansedonia. Rispetto al lotto, denominato 5B, la Regione opta per il tracciato blu, quello di minore lunghezza (circa 25 chilometri) e che si avvicina maggiormente all’Aurelia e alla linea ferroviaria costiera, considerandolo migliore rispetto all’altro, sulle mappe contraddistinto dal colore arancione, ovvero la cosiddetta variante a monte del massiccio di Orbetello.

Le due soluzioni presentano un primo tratto in comune, tra Fonteblanda e il torrente Osa e poi divergono: l’arancione segue un percorso più interno, ritornando a coincidere con l’Aurelia all’altezza del km 115 per proseguire fino ad Ansedonia e poi a Civitavecchia; il blu invece si innesta sull’Aurelia subito dopo Orbetello Scalo.

“La soluzione da noi preferita – spiega il presidente della Regione, Enrico Rossi – ovvero quella definita in affiancamento alla ferrovia con varianti a protezione dei centri abitati, pur avvicinandosi alla costa, lo fa ad una distanza tale da non creare impatti negativi sul sistema costiero e si colloca in corridoio dove sono già presenti infrastutture. Il percorso blu è dunque quello che crea minore impatto sull’ambiente. Noi lo preferiamo, a condizione che nella fase di progettazione sia posta la dovuta attenzione agli aspetti idraulici, individuando soluzioni che tengano conto di ciò che accaduto nel corso delle alluvioni dello scorso anno. Ribadisco ciò che ho sempre sostenuto: la Tirrenica va fatta e va fatta bene. La decisione di oggi costituisce un altro passo in questa direzione”.

La Provincia di Grosseto e il Comune di Orbetello finora si sono espressi in favore del percorso arancione, mentre il Comune di Capalbio appare favorevole alla soluzione blu, pur non avendo espresso alcun parere ufficiale in merito a questa ipotesi poiché il tracciato è posto interamente all’interno dei confini del Comune di Orbetello.

Il provvedimento è stato illustrato alla Giunta dal presidente Enrico Rossi, che ha sottolineato come nessun intervento può essere ritenuto perfetto, ma che una decisione va presa con senso di responsabilità, pur consapevoli che “le strade non risolvono i problemi del mondo, ma che sulla scarsa capacità di produrre ricchezza da parte della costa ha inciso la mancanza di infrastrutture” e poi che “ la tutela del paesaggio non è messa in discussione da un’autostrada, ma che all’ambiente fanno peggio certe politiche urbanistiche e gli ecomostri”.

L’assessore al welfare, Salvatore Allocca, ha chiesto di non partecipare al voto, consentendo però che venga assunta una decisione. Alla sua richiesta si è aggiunta quella dell’assessore all’ambiente, Anna Rita Bramerini, anch’essa grossetana, che si è associata a quanto detto dal suo collega. L’assessore alla pianificazione del territorio, Anna Marson è intervenuta per ricordare che nella delibera gli uffici regionali hanno inserito precise indicazioni su come passare dal tracciato al progetto, migliorandolo.

Al termine degli interventi la delibera della Giunta regionale è stata approvata all’unanimità e sarà inviata al Ministero delle infrastrutture, al quale il presidente Enrico Rossi ha chiesto di convocare un incontro con tutti gli enti interessati per scegliere il tracciato definitivo sul quale chiedere alla Sat, la Società autostrada tirrenica, e al Commissario straordinario del Governo per la costruzione della Tirrenica, Antonio Bargone, che della società è anche il presidente, di redigere il progetto definitivo, ai fini del successivo studio di impatto ambientale e della localizzazione del tracciato.

Scritto da Tiziano Carradori martedì 9 aprile 2013 alle 15:32.

Tratto dal sito della Regione Toscana

Cicerone

Terra bene comune

Manifesto per l’assemblea che si terrà a Firenze sabato 27 aprile, presso la Facoltà di Agraria alle Cascine.

NO alla vendita delle terre pubbliche, SÌ alla custodia dei beni comuni

L’Art.66 del decreto Salva Italia prevede la vendita delle terre agricole pubbliche. Permettere questo significa impedire alle comunità locali di decidere territorialmente come gestirle, consegnare una risorsa vitale agli speculatori, accettare che l’interesse privato sia messo al di sopra del bene comune

Noi ci opponiamo a tutto ciò, spinti da 3 bisogni forti:

1 – SOVRANITÀ ALIMENTARE

È necessario ritrovare il senso di un’economia reale che metta in relazione in modo concreto le comunità locali e soprattutto urbane con il proprio territorio agricolo naturale e tradizionale. Un’economia fatta di relazioni creative e percorsi condivisi tra i produttori di cibo (contadini) e i co-produttori (cittadini) al cui centro stiano con pari dignità il rispetto e la custodia dell’ambiente e la giustizia sociale.

2 – ACCESSO ALLA TERRA e ai saperi contadini

Rivendichiamo il diritto di ogni individuo di poter trarre almeno una parte del proprio fabbisogno alimentare dal lavoro della terra e quindi il diritto di poter accedere alla terra a prescindere dalle proprie possibilità economiche.

Incoraggiamo e sosteniamo tutti i luoghi e le occasioni di scambio gratuito delle conoscenze tra vecchi e nuovi contadini, affinché pratiche agricole tradizionali e buone nuove pratiche si incontrino per arricchirsi a vicenda.

3 – NO ALLA VENDITA DEI TERRENI AGRICOLI PUBBLICI E DEGLI USI CIVICI

Partendo da quello che già appartiene alla collettività, vogliamo dare vita ad esperienze nuove e vitali di agricoltura rurale svincolate dal concetto di proprietà. Sono proprio i terreni pubblici quelli più “fertili” per far nascere un’economia alimentare sana e condivisa dalle comunità locali. Per fare questo è fondamentale che i terreni agricoli pubblici diventino BENI COMUNI soggetti ad uso civico, inalienabili e gestiti dalle comunità locali.

I beni demaniali rurali – e particolarmente quelli abbandonati ed incolti – sono risorse importanti con cui, senza alcun costo, le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità di affidare spazi ed occasioni di vita, di lavoro, di progettualità a persone – e segnatamente a giovani – che intendono sperimentare modelli diversi di vita e di economia, potenzialmente utili a tutta la società e con ciò ricercare alternative praticabili e sostenibili ad un modello socioeconomico manifestamente in crisi.

Che cosa proponiamo

• una gestione sostenibile dei terreni e dei beni agricoli di proprietà pubblica, con i quali promuovere “progetti di neo-ruralità”, attraverso concessioni di lunga durata (min. 20 anni);

• la diffusione di un’agricoltura contadina, locale, naturale e di sussistenza; perché è l’unica in grado di assicurare alla comunità prodotti sani e genuini a prezzi accessibili, nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio;

• percorsi decisionali partecipati, che sappiano coinvolgere nella progettazione la comunità locale e le realtà contadine di nuovo insediamento;

• la nascita di piccole e diffuse realtà, volte al soddisfacimento delle esigenze della rete dei contadini locali, attraverso progetti concreti, come ad esempio la costruzione di piccoli vivai per la produzione di piantine da orto di varietà locali, usando metodi naturali e a risparmio energetico;

• una collaborazione con tutte le persone che si riconoscono nei principi di questo manifesto e sono disposte a lavorare per la sua attuazione.

Che cosa richiediamo

• Il riconoscimento del diritto ad abitare la terra da parte di chi pratica l’agricoltura contadina. Oggi le leggi impediscono di fatto la riconquista delle terre abbandonate o incolte da parte di soggetti diversi dalle medie-grandi aziende agricole tradizionali, sole titolari del diritto di edificare annessi o abitazioni rurali.

Chiediamo di poter auto-costruire con materiali naturali (come legno e paglia), fabbricati rurali a bassissimo impatto ambientale, totalmente degradabili e vincolati senza limiti di tempo all’attività agricola.