La responsabilità ora è di Enrico Rossi

approvata la Via per la nuova pista di Peretola

di Paolo Baldeschi, 3 gennaio 2018.

Finalmente, dopo quasi tre anni dalla presentazione del Master Plan, la Valutazione di impatto ambientale del nuovo aeroporto di Firenze ha avuto un esito positivo con le firme dei ministri Galletti e Franceschini. Tanto è occorso ai proponenti per raggiungere un traguardo che, con un po’ più di modestia e buon senso era a portata di mano e nonostante la sproporzione delle forze in campo: da una parte il governo, con Renzi e Galletti in testa, Enac, Toscana Aeroporti, la Regione Toscana, il Comune di Firenze, l’Associazione industriali, la Camera di commercio, politici di ogni tendenza e partito, tutta la stampa locale, dall’altra i comitati e successivamente qualche sindaco “dissidente”. Ora che, come nel gioco dell’oca, il progetto è tornato a punto di partenza, di nuovo la responsabilità passa al Presidente della Regione Toscana e all’uomo politico Enrico Rossi. Vediamo perché.

Come di consueto i giornali fiorentini, dando la notizia della firma della Via e delle relative prescrizioni, hanno registrato e amplificato l’esultanza di Toscana Aeroporti e del Sindaco Nardella, attori ormai indistinguibili, per un presunto via libera al nuovo aeroporto, di cui era stata annunciata l’entrata in esercizio nel 2017 – ma che solo ora, proprio negli ultimi giorni del fatidico 2017, muove il primo passo. A dimostrare, sia la connivenza acritica della stampa locale, sia la vacuità degli annunci della proprietà, sia, soprattutto, gli errori di Enac e Toscana Aeroporti, sicuri, per “prassi consolidata”, di potere trasgredire leggi, regole e procedure; tanto sicuri da riuscire ad aggrovigliarsi in un mare di contrattempi e contraddizioni.

Un’esultanza giustificata quella dei vari Eurnekian, Carrai, Nardella, notabili fiorentini e Pd toscano? Sorge qualche dubbio in proposito. Basti ricordare che la Commissione Via aveva chiuso i suoi lavori nel novembre 2016 con un parere positivo corredato da ben 142 prescrizioni. Un esito non assolutamente gradito a Enac e a Toscana Aeroporti, che perciò avevano chiesto al Ministro dell’Ambiente di sollecitare una nuova valutazione da parte della Commissione, ottenendo da questa un secco rifiuto.

Non riuscendo a tagliare il traguardo per vie normali, occorreva rovesciare il tavolo e cambiare le regole del gioco; ed ecco,” l’arma finale”, il decreto legislativo 104 del giugno 2017 che, prese a pretesto le direttive dell’UE, ha provveduto a sanare le irregolarità dei proponenti, in primis quella di avere presentato a Via un Master Plan e non un Progetto definitivo, come prescriveva la legge. Nella sostanza, però, sono rimaste in piedi tutte le precedenti prescrizioni tra cui, come riportato dal Corriere fiorentino (29/12/2017): “è confermato l’obbligo di predisporre i nuovi habitat al posto di quelli cancellati dall’aeroporto, prima che partano i cantieri per la nuova pista; è con­fermata la centralità e la complessità, dello sposta­mento del Fosso Reale e della realizzazione di tutte le opere per ridurre il rischio idraulico in un’area alluvionale (si intende “soggetta a esondazioni”) da sem­pre”. Aggiungiamo: è confermato l’obbligo della costituzione – prima dell’approvazione del progetto da parte del MIT –  di uno studio riferito al rischio di incidenti aerei, redatto da un soggetto terzo pubblico; obbligo particolarmente sgradito a Enac, affezionato al ruolo di controllore di se stesso. E altre 138 prescrizioni, gran parte delle quali richiede la verifica e l’approvazione da parte delle autorità competenti.

Ma, allora, perché la società Toscana Aeroporti esulta ora, dopo essersi opposta alle prescrizioni della Commissione Via nel 2016 e dopo avere perso un anno per giungere allo stesso identico risultato? Perché il suo Presidente, Marco Carrai, annuncia che “ora si può partire con la nuova pista”, contraddicendo fin dall’inizio le prescrizioni appena rese pubbliche? Anche dando scontato un certo gioco delle parti dove si fa buon viso a cattivo gioco, si potrebbe sospettare che vi sia un altro motivo: il fatto che, a seguito del DL 104/2017, una volta che il Master Plan ha avuto tutte le necessarie approvazioni nella Conferenza dei Servizi, si passa direttamente al progetto esecutivo; e, in questa fase, con lo spezzettamento del progetto in settori, fasi, sub-progetti destinati agli appalti, si apre la possibilità di eludere, bypassare, ammorbidire, procrastinare, eliminare, le prescrizioni più onerose. Si potrebbe dire che, per “prassi consolidata”, una volta avviati i lavori, non valgono più le prescrizioni e nessuno è in grado di imporne il rispetto.

Ed ecco perché il gioco ritorna nelle mani di Enrico Rossi. Tra le varie prescrizioni ministeriali ve ne è una fondamentale, l’obbligo di costituire un Osservatorio ambientale di undici rappresentanti, presieduto dal Ministero dell’Ambiente con due membri e con un’analoga partecipazione della Regione Toscana. Quale sarà questa partecipazione? Dobbiamo credere alle intenzioni e dichiarazioni di Enrico Rossi quando nel marzo 2016 si proponeva come presidente di un costituendo osservatorio e garante dei suoi lavori.

A noi che consideriamo il nuovo aeroporto fiorentino un’opera inutile e potenzialmente dannosa, farebbe piacere un radicale ripensamento di Rossi. Dobbiamo dare atto, tuttavia, che sconfessare un aeroporto da lui sempre sostenuto, dopo avere abbandonato il Pd a favore di un altro partito, sarebbe una prova palese di incoerenza istituzionale e un suicidio politico. Al contrario, sarebbe del tutto confacente al ruolo istituzionale e, perché no? a una maggiore autonomia politica, farsi garante del diritto alla salute, al benessere e alla sicurezza dei cittadini di Firenze e della Piana. Vale a dire che Enrico Rossi ha l’occasione di dare un segnale di politica diversa, più trasparente, più di sinistra, se eserciterà nell’Osservatorio, come i cittadini sia aspettano, un peso decisivo per assicurare che tutte le prescrizioni della Via siano compiutamente e tempestivamente realizzate; a costo di arrivare alla conclusione che il progetto non è sostenibile e quindi non realizzabile.