piazza Brunelleschi: può essere un punto di svolta?

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di Paolo Baldeschi

1. Un’operazione sbagliata e arretrata

Tra le tante operazioni urbanistiche e architettoniche sbagliate (un eufemismo), quella che vuole stravolgere Piazza Brunelleschi per ricavarne un parcheggio non certamente a sevizio dei cittadini, forse a servizio degli interessi di Tom Barrack[1], concentra tutti gli errori che possono essere fatti da un punto di vista architettonico, urbanistico e sociale e assume una valenza simbolica che vale per tutta la città. Non sto qui a ripetere quanto è stato già detto e scritto in modo esauriente da tanti (Antonio Fiorentino, Roberto Budini Gattai), tuttavia occorre ribadire che questa operazione, fortemente voluta dall’Amministrazione comunale, sintetizza in sé tutto quello che non si deve fare in una città che sia degna di questo nome. Perché, anche se apparentemente prive di una bussola, tutte le mosse dell’Amministrazione portano alla perdita di significato della città, allo sbiadire della sua identità verso traguardi di natura puramente mercantile mascherati dallo slogan di “smart city”.

L’idea di portare dentro il cuore del centro storico automobili (non importa in quale tipo di parcheggi) è di per sé non solo sbagliata, ma arretrata e antiquata, quando molte città europee (e anche qualcuna italiana) vanno verso la riduzione progressiva del traffico automobilistico. I parcheggi destinati alla domanda dei pendolari, siano essi a rotazione o a lunga sosta, sono attrattori di traffico e quindi vanno situati in punti esterni (quelli sui viali sono già sufficienti) e, soprattutto, inseriti organicamente in un sistema di trasporti pubblico e non piazzati a casaccio o secondo interessi privati. I parcheggi pertinenziali possono essere utili solo all’interno di un deciso programma di pedonalizzazione e di recupero dello spazio pubblico. Dove la domanda di sosta è largamente insoddisfatta, come nel caso fiorentino, non fanno che attirare altre macchine (v. Piazza Savonarola): infatti il traffico indotto dai residenti rimane inalterato, mentre a questo si aggiunge quello degli outsider attirati dalla disponibilità di spazi lasciati liberi in superficie. Si ripete un fenomeno ben noto: più strade si costruiscono per alleggerire il traffico, più automobili vengono attratte, più il traffico si fa pesante con effetti esattamente opposti a quelli desiderati.

 

  1. I parcheggi fanno parte di una politica complessiva a favore degli investitori immobiliari

 

Il Masterplan (si fa per dire) dei parcheggi ne prevede quarantaquattro da completare o realizzare in città per un totale di 7 mila posti auto: parcheggi pertinenziali (21 in tutto per 2000 posti): parcheggi pubblici (19 in corso di progettazione e/o realizzazione); parcheggi di superficie protetti da sbarre e a pagamento (4). Infine 12 ulteriori parcheggi pubblici localizzati negli strumenti urbanistici e da inserire nella programmazione dei lavori pubblici. Sarebbe interessante confrontare la localizzazione prevista dei nuovi parcheggi con l’ubicazione dei 59 edifici venduti o posti in vendita dal Sindaco piazzista di Florence Real Estate, con variante “a la carte” (e quindi inevitabilmente alberghi di lusso, residenze dii lusso, shopping di lusso), quello che, secondo i nostri amministratori, richiede un mondo in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e numerosi.

Sono coerenti a questa politica anche le operazioni dell’aeroporto, del sottoattraversamento di Firenze da parte dell’alta velocità, l’idea folle di fare passare una linea della tranvia sotto il centro storico di Firenze, come se il suo sottosuolo fosse materiale inerte e non un complesso conglomerato fatto di stratificazioni storiche, acquedotti, fognature, reti tecnologiche (tutto aggiunto in via incrementale) a loro volta su un supporto geologico alluvionale, composito e attraversato da un imponente falda acquifera. Tutto, a parole, è rivolto a favore del “business”, che spacciato come sviluppo, in realtà favorisce banche e costruttori. Tutto viene proposto all’insegna dell’improvvisazione (che altro può definirsi l’idea di realizzare il nuovo stadio di Firenze nell’area Mercafir) senza uno straccio di programmazione, non dico intersettoriale, ma neanche settoriale. L’unico denominatore comune è la mancanza di partecipazione dei cittadini, nonostante leggi, impegni, petizioni; o momenti di ascolto fasulli.

 

  1. Oltre la resistenza

 

Dobbiamo fermarli. Ma per raggiungere questo obiettivo, e andare oltre alla pura e semplice resistenza, dobbiamo fare delle diverse lotte in corso un’unica vertenza. E questa vertenza deve avere due aspetti che si tengono tra di loro. Un programma sociale e urbanistico completamente diverso e un’idea di città alta e condivisa.

Il primo punto è unificare e coordinare le “battaglie” in corso: ne cito solo alcune, oltre a quella di Piazza Brunelleschi. Quelle del Comitato Oltrarno, con problemi analoghi, della Manifattura Tabacchi, del Comitato di San Salvi, del Panificio Militare, della Caserma “Lupi di Toscana”, di Piazza dei Ciompi, del  comitato “Noi quando si dorme?”, oltre alle battaglie “infrastrutturali” del comitato No Tav e del Coordinamento 20 gennaio. Alcuni di questi comitati rappresentano realtà numerose, altri sono costituiti da gruppi più piccoli di cittadini particolarmente attivi. In ordine sparso, queste battaglie difficilmente possono andare oltre la semplice resistenza. Unite, possono costituire una massa critica che l’amministrazione non può ignorare, a meno di andare verso un suicidio politico. Prendiamo la questione dei parcheggi: da sola rischia di confinarsi in una vertenza di tipo settoriale che poi spezzarsi in tanti frammenti, con concessioni o aggiustamenti limitati. Ma la vertenza parcheggi (come dimostrano i comitati Brunelleschi, Oltrarno e “quando si dorme?” è la vertenza di chi vuole recuperare lo spazio pubblico urbano, strade, piazze, edifici collettivi all’uso dei cittadini e non degli interessi immobiliari, in cui il Comune ha un tornaconto economico in percentuale sul prezzo di vendita degli immobili, come prevede lo “Sblocca Italia”: senza alcun vincolo di destinazione. Si svende e privatizza la città per sostenere la spesa corrente (e quando questo patrimonio sarà esaurito?) Inutile dire che un bilancio partecipato, come avviene altrove, è al di fuori dagli orizzonti dell’amministrazione.

Secondo punto: se le diverse vertenze locali possono essere unificate come difesa e recupero dello spazio pubblico, questo comporta una scelta opposta a quella perseguita dalle ultime amministrazioni fiorentina: una scelta a favore di cittadini e non degli interessi immobiliari o finanziari di imprese e banche. Una scelta a favore di chi vive e abita in città e non di chi lucra sulla rendita. Sia ben chiaro: non è né realistico, né giusto pensare che gli interessi economici non possano andare d’accordo con quelli dei cittadini. Occorre costruire un programma condiviso, in cui si definiscano le operazioni da compiere, la distribuzione di costi e vantaggi, le risorse finanziarie, ma con traguardi, più ambiziosi e innovativi degli “alberghi di lusso”, “residenze di lusso”, shopping di lusso” ecc. (anche se questa amministrazione non ci vuole far mancare niente, con la prospettiva di Mac Donald insediato nel cuore simbolico della città).

Le considerazioni finora svolte portano necessariamente a un terzo punto. Ciò che costituisce il “marchio di fabbrica” di questa amministrazione è l’assenza di qualsiasi idea di città. Quale futuro vogliamo disegnare per Firenze? E’ inevitabile che tutta la sua economia si appiattisca sulla “rendita medicea”? Possiamo utilizzare in altro modo le risorse che vengono assegnate a opere inutili e dannose, per migliorare la qualità di vita dei cittadini? La politica attuale, di una sconfortante mediocrità culturale, non è neanche in grado di porsi queste domande. Molti anni fa, un giovane economista dell’allora PCI, tuttora vivo e attivo, Giacomo Becattini, lanciò la proposta di fare di Firenze un centro culturale di livello mondiale, mettendo in sinergia Università, centri di ricerca pubblici e privati, istituti stranieri, potenziali finanziatori. Firenze, luogo di accoglienza, studio, ricerca, oltre che ovviamente “mercantile”. Firenze ha delle potenzialità enormi e non sfruttate o sfruttate malamente in questo senso. I ricercatori, gli scienziati, gli studiosi, ma anche i manager i quadri, non sono attratti da fatto di avere un aeroporto a venti o a quaranta minuti dal centro della città. Sono attratti dalla qualità di vita, dalla bellezza, dall’offerta di sevizi, dal verde e dalla campagna che circonda la città. Di fronte queste potenzialità, l’amministrazione è sorda, cieca, non in grado di fare una politica che non sia il galleggiamento in una direzione scelta da altri, certamente non dai cittadini.

Dovremo, noi che siamo impegnati in tante vertenze particolari ma solidali tra loro, costruire un’idea alta della città e del suo futuro e renderla praticabile. L’esperienza insegna che anche gli interessi più protetti e consolidati possono essere battuti al momento del voto e che non esiste un’eredità politica che possa essere trasmessa a prescindere dai suoi contenuti economici e sociali.

 

 

[1] noto per l’investimento in Costa Smeralda a capo della Colony Capital. (Barrack trasformerà l’isolato in nome di: «lusso al posto del trading» Barrack è un sostenitore attivo e finanziatore di Donald Trump.