Ma dell’archeopatacca non ne parla nessuno?

Stabilimento Laika Caravan al Ponterotto

Stabilimento Laika Caravan al Ponterotto

Sono passati dieci giorni da quando è stato inaugurato in pompa magna il nuovo stabilimento Laika Caravan al Ponterotto, vicino a San Casciano in Val di Pesa. Grande soddisfazione di autorità e sindacati, alla presenza di Matteo Renzi. Tutti hanno ammirato il nuovo capannone, hanno ricordato la lunga vicenda autorizzativa, cominciata nel 2003, complicata anche dal ritrovamento, nel 2011, di reperti archeologici di una certa importanza. Come qualcuno si ricorderà, la decisione finale, concordata con Regione e Soprintendenza, fu quella di “spostare” i reperti: smontandoli e rimontandoli in un angolo del terreno, dove non danno più noia. Si tratta dei resti di un edificio etrusco tardo-ellenistico e delle tracce di una villa romana di età medio-imperiale. Nell’occasione fu coniato da parte degli ambientalisti l’appellativo di “archeopatacca” e attivato un sito con questo nome – http://archeopatacca.blogspot.it/ – dove ancora oggi si possono rileggere i contributi di Salvatore Settis, di Giuliano Volpe e di altri, oltre alle cronache di quei giorni. Anche in questo sito della Rete, che era appena nato, si trovano tracce della polemica.

Che ne è, allora, dei famosi reperti ricollocati? Sono ancora riconoscibili? Ha un senso chiamare l’area “parco archeologico del Ponterotto”, come indicano i cartelli in vari punti del territorio?

Siamo andati a vedere: qui mostriamo le foto di ieri e di oggi: quel che rimaneva dell’edificio etrusco quando era al suo posto, quello che si vede oggi. L’unica cosa chiara, e anche pregevole, sono i due pannelli che ricostruiscono lo stato degli edifici etruschi e romani, realizzati con la consueta perizia dallo studio Inklink (foto 5 e 6).

L’edificio etrusco (foto 1-3) e quello romano (foto 4-9) in loco

Gli stessi edifici dopo il trasloco

Valeva la pena? I casi sono due: o quei resti non avevano particolare valore, e allora dopo essere stati rilevati e studiati potevano anche ritornare sepolti, oppure meritavano ricerche più approfondite, che potevano essere fatte solo in loco. Ma c’era fretta. Anche se poi la costruzione del capannone ha richiesto ancora quattro anni e numerose varianti (che però non ne modificavano l’ingombro). E così è stata fatta la scelta peggiore. Il cosiddetto “parco archeologico” è lì a testimoniare la mancanza di una cultura del territorio e la miopia dei responsabili. Oltre al danno la beffa: il nuovo camper che entrerà in produzione al Ponterotto si chiamerà “Etrusco”!


Di seguito riportiamo l’intervista di Giulio Gori con l’ex assessore Anna Marson.

Corriere Fiorentino del 25 febbraio 2016.

«Non cambio idea. Il danno c’è stato ed è irreversibile»
È stata l’artefice del primo Piano paesaggistico della Toscana. Anna Marson, ancora prima di diventare assessore regionale all’urbanistica (nella precedente legislatura Rossi), fu anche protagonista di una battaglia contro il nuovo stabilimento di Laika a Ponterotto, suscitando le ire di industriali, sindacalisti e sindaci del Chianti.

Marson, ha visto il nuovo stabilimento di Laika? Che impressione le fa?

«Il danno c’è, e non è reversibile. Ma aver richiamato l’attenzione sui problemi che questa scelta localizzativa poneva ha comunque avuto come risultato una cura superiore all’usuale nella progettazione esecutiva dello stabilimento, mitigando almeno in parte l’effetto di queste enormi superfici sulla percezione visuale. E che da un lato fa dire che dunque è possibile, se ci si applica, avere degli stabilimenti che non siano scatoloni di cemento tutti eguali, dall’altro mantiene comunque il problema del carico urbanistico e dell’impatto paesaggistico in un fondovalle così delicato».

All’epoca lei scrisse che «se facciamo due conti tra una vaga promessa di mantenimento dell’occupazione e sicuri effetti negativi sui valori degli immobili, nonché sull’attrattiva turistica, il saldo appare decisamente negativo». Oggi Laika, oltre a confermare i dipendenti, ne ha assunti di nuovi. Quei «due conti» erano giusti?

«Confermo quei conti: abbiamo troppe zone industriali vuote e aree già urbanizzate da recuperare, perché sia giustificato andare a localizzare nuovi volumi industriali in luoghi la cui qualità paesaggistica è alla base di altre attività anche economiche. Sono comunque felice che l’impresa abbia mantenuto le promesse relative all’occupazione, e mi auguro che questi posti di lavoro siano perlomeno destinati a durare nel tempo».

Sviluppo economico o ambiente e paesaggio: in molti si schierarono dalla parte di un’azienda che, indotto compreso, dà lavoro a cinquecento persone.

«So che non è facile, ma se non sono gli enti pubblici a porsi il problema di coniugare lo sviluppo economico con la tutela dell’ambiente e del paesaggio, chi altro dovrebbe farlo? Non credo comunque sia stata l’azienda a dire `voglio localizzarmi esattamente lì”».

A Ponterotto l’area industriale c’era già. Pensa che l’impatto sia meno pesante visto che già c’erano dei capannoni?

«Ma come, il più che raddoppio dell’area artigianale-industrialeesistente ridurrebbe l’impatto? L’intervento è decisamente fuori scala rispetto al contesto. L’area in questione era peraltro a tutti gli effetti un’area agricola».

Meglio un luogo diverso, magari in quelle che lei in passato definì «le doppie città», come Poggibonsi?

«Come noto la variante urbanistica è stata approvata prima che io diventassi assessore. Oggi comunque, con la nuova legge regionale sul Governo del territorio (lr 65/2014), prima di poter “consumare” suoli agricoli per nuove urbanizzazioni deve essere certificata l’assenza di alternative, in un’area perlomeno intercomunale, derivanti dal possibile riuso di aree già urbanizzate».

Lei è l’artefice del Piano paesaggistico . Con quelle regole oggi lo stabilimento di Laika sarebbe possibile? E che possibilità offrono in termini di sviluppo?

«Mi auguro che alla luce del combinato disposto della nuova legge sul governo del territorio e del piano paesaggistico d’ora in avanti si evitino le nuove urbanizzazioni sui (pochi) suoli ancora agricoli nel fondovalle e lungo i corsi d’acqua, cercando le migliori soluzioni per coniugare sviluppo durevole e paesaggio. Ritengo che per la Toscana siano importanti entrambi».